103Sì mi prescrisser le parole sue,
Che io lassai la question, e me ritrassi
A dimandarlo umilmente chi fue.1
106Tra i du’ liti d’Italia surgon sassi,
E non molto distanti a la tua patria,
Tanto che i tuoni assai suonan più bassi,2
109E fanno un gibbo, che si chiama Catria,
Sotto lo quale è consecrato un ermo.3
Che suol esser disposto a sola latria
112Così ricominciommi il terzo sermo;
E poi continuando, disse: Quivi
Al servigio d’Iddio mi fei sì fermo.
115Che pur con cibi di liquor d’ulivi
Lievemente passava caldi e gieli,4
Contento nei pensier contemplativi.
118Render solea quel chiostro a questi Cieli
Fertilemente, et ora è fatto vano,
Sicchè tosto convien che si riveli.
121In quel luogo fu’ io Piero Dammiano;
E Pietro peccator fui ne la casa
Di Nostra Donna in sul lito adriano.
124Poca vita mortal m’era rimasa,
Quando fui chiesto e tratto a quel cappello,
Che pur di male in peggio si travasa.
127Venne Cephas, e venne il gran vasello5
De lo Spirito Santo, magri e scalzi
Prendendo ’l cibo da qualunche ostello.6
- ↑ v. 105. C. A. dimandarla
- ↑ v. 108. C. M. che i buoni
- ↑ v. 110. C. A. Di sotto al
- ↑ v. 116. C. A. i caldi e’ gieli,
- ↑ v. 127. C. M. vagello
- ↑ v. 129. C. M. qualunque ostello.