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C A N T O XXI.
1Già eran li occhi miei refissi al volto1
De la mia donna, e l’animo con essi,
Da ogni altro intento s’era tolto.2
4E quella non ridea; ma: S’io ridessi,
Mi cominciò, tu ti faresti quale3
Fu Semele, quando di cener fessi;
7Chè la bellezza mia, che per le scale
De l’eterno palazzo più s’accende,
Come ài veduto, quanto più si sale,
10Se non si temperasse, tanto splende,
Che ’l tuo mortal potere al mio fulgore
Serebbe fronda, che trono scoscende.4 5
13Noi siam levati al settimo splendore,
Che sotto ’l petto del Leone ardente
Raggia mo misto giù del suo valore.
16Ficca di rieto alli occhi tuoi la mente,6
E fa di quelli specchio a la figura.7
Che in questo specchio ti sarà parvente.