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[v. 139-148] | c o m m e n t o | 577 |
diedono grande splendore mentre che fu parlato di loro, dicendo così: Così; cioè come è detto disopra, da quella imagine divina; cioè da quella aquila, ne la quale erano li beati spiriti, che sono divini, Per farmi chiara; cioè per far chiara a me Dante, la mia corta vista; cioè lo mio intelletto, che era corto a comprendere le sentenzie dette di sopra della predestinazione d’Iddio, Data mi fu soave medicina; cioè dilettevole e non aspra. E come a buon cantor; ecco che, per dare mellio ad intendere, arreca la similitudine, buon citarista; cioè buono sonatore di chitarra, Fa seguitar lo guizzo de la corda; cioè fa accordare lo suono della corda ch’elli tocca, e come la tocca così guizza, In che; cioè nel quale accordare, più di piacer lo canto acquista: imperò che tanto piace lo canto, quanto s’accorda col suono, Sì mentre; cioè per sì fatto modo mentre, che parlò; la detta aquila, sì mi ricorda; cioè sì ricorda a me Dante: e questo sì è affirmativo, Ch’io viddi; cioè io Dante, le due luci benedette; cioè Traiano imperadore e Rifeo troiano, Pur come batter d’occhi si concorda; ecco che arreca una similitudine, cioè come amenduni li occhi de l’omo s’accordano a battere ad una ora, Colle parole; cioè dell’aquila, muover le fiammette 1; cioè loro e scintillare: imperò che erano contente che si manifestasse di loro la gloria d’Iddio, che riluceva in loro. E qui finisce lo canto xx, et incominciasi lo canto xxi.
- ↑ C. M. fiammette; cioè di battere le loro fiamme e splendori; e questo era segno che erano contente