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[v. 79-87] | c o m m e n t o | 573 |
voluntà è vinta, che l’omo; cioè che l’uno omo, sovranza; cioè soprasta, all’om; cioè all’altro uomo: però che quine è impossibilità et impotenzia da la parte di colui che è vinto, e potenzia da la parte di colui che vince; e questo non è in Dio nè in el suo regno. Ma vince lei; cioè lo caldo amore e la viva speranza vince la divina voluntà, perchè vuole esser vinta; e questo esser vinta procede da infinita bontà: imperò che tanto è la bontà infinita d’Iddio, ch’ella vuole che la sua voluntà sia vinta da la virtù e da la bontà; e però dice: E vinta; cioè la divina voluntà, vince; cioè tutte l’altro cose, con sua benenanza; cioè co la sua bontà: la sua bontà è infinita et avanza tutte le cose, e per la sua bontà vuole quello che vuole la virtù e lo bene operare. E questo, che dice qui l’autore, si debbe notare 1 con una distinzione; cioè che due sono le voluntà in Dio; l’una è assoluta, e questa mai non si vince; ma ella vince tutto; l’altra è condizionata, cioè che Iddio vuole che, se tu se’ infidele, sii dannato; ma potrà tanto amore in Dio essere in te e sì viva speranza, e in altre parti che Iddio vorrà che quella prima voluntà non si tollia, ch’ella sta pur ferma, che ogni infidele è dannato; ma vuole Iddio che si trovi modo che si torni all’ordine che non sia infidele; ma diventa fidele, e così sta sempre ferma la volontà d’Iddio assoluta e condizionata. Ma l’autore parla secondo lo largo parlare delli omini, e dichiaralo sì bene, che a nessuno debbe essere dubbio, sicchè non intenda con sano intendimento quello che l’autore dice. Et usa l’autore in queste parole: E vinta vince, colore rettorico che si chiama traslazione per litem et contrarietates, quando lo supposito contradice al verbo, come appare nel predetto detto, cioè che vinta vince con sua benenanza. Seguita.
C. XX — v. 100-117. In questi sei ternari lo nostro autore finge come la detta aquila solve li suoi dubbi, toccandoli prima. Dice cosi: La prima vita; cioè l’anima prima che io ti nominai, che fu Traiano imperadore, del cillio; cioè mio, e la quinta; cioè vita, che fu Rifeo troiano che io dissi essere a me per cillio, Ti fan meravigliar; cioè fanno meravigliare te Dante, perchè ne vedi; ecco la cagione, per che tu ne vedi di questi due beati spiriti, La region delli Angeli; cioè lo cielo, che è regione deputata a li Angeli, dipinta; cioè adornata di loro. Dei corpi suoi non uscir; cioè le dette due anime, come credi; cioè, tu Dante, Gentili; cioè pagani 2 et infideli, ma Cristiane; uscitteno dei loro corpi, in ferma fede; cioè cristiana, Quel; cioè Rifeo troiano, dei passuri; cioè dei piedi di Cristo, che dovevano essere chiavati in su la croce per redenzione dell’umana