106Chè l’una de l’inferno, u’ non si riode
Giammai a ben voler, tornò all’ossa;1
E ciò di viva spene fu mercede:2 3
109Di viva spene, che misse la possa4
Nei prieghi fatti a Dio per suscitarla,
Sì che potesse sua vollia esser mossa.
112L’anima gloriosa, onde si parla,
Tornata nella carne in che fu poco,
Credette in Lui, che poteva aiutarla;
115E credendo s’accese in tanto fuoco
Di vero amor, ch’in la morte segonda5
Fu degna di venire a questo loco.6
118L’altra per grazia, che di sì profonda7
Fontana stilla, che mai creatura
Non pinse l’occhio infine a la prima onda,
121Tutto suo amor laggiù puose a drittura;
Per che di grazia in grazia Iddio li aperse
L’occhio a la nostra redenzion futura;
124Onde credette in quella, e non sofferse
Da indi il puzzo più del paganesmo,
E riprendène le genti perverse.8 9
127Quelle tre donne li fuor per battesmo,
Che tu vedesti da la destra rota,
Dinanzi al battizzar più d’un millesmo.
130O predestinazion, quanto remota
È la radice tua da quelli aspetti,10
Che la prima cagion non veggion tota!11
- ↑ v. 107. C. A. a buon
- ↑ v. 108. C. A. E ciò divina speme fu e mercede:
- ↑ v. 108. C. M. a viva spene
- ↑ v. 109. C. A. Divina
- ↑ v. 116. C. M. che la morte — C. A. che alla
- ↑ v. 117. C. A. degno di venir a questo gioco.
- ↑ v. 118. C. M. C. A. da sì
- ↑ v. 126. Riprendène; ne riprendè, sincope di riprendie, come ave Par. C. xviii. v. 50. E.
- ↑ v. 126. C. A. E riprendeane
- ↑ v. 131. C. A. radice sua
- ↑ v. 132. Tota; tutta, dal latino totus. Il Frezzi usò pure toto, lib. ii. cap. iii. E.