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c a n t o   xx. 559   

79Et avvegna ch’io fossi al dubbiar mio
     Lì quasi vetro a lo color, che ’l veste,
     Tempo tacendo aspettar non patio;
82Ma de la bocca: Che cose son queste?
     Mi pinse co la forza del suo peso;
     Per ch’io di coruscar viddi gran feste.
85Poi appresso coll’occhio più acceso
     Lo benedetto segno mi rispuose,
     Per non tenermi in ammirar sospeso:
88Io veggio che tu credi queste cose,
     Perch’io le dico; ma non vedi come;
     Sì che, se non credute, sono ascose.1
91Fai come quei, che la cosa per nome
     Apprende ben; ma la sua quiditate
     Veder non puote, s’altri non la improme.2
94Regnum Caelorum violenzia pate
     Dal caldo amore e da viva speranza.3
     Che vince la divina voluntate,
97Non a guisa che l’omo all’om sovranza;4
     Ma vince lei, perchè vuole esser vinta,
     E vinta vince con sua benenanza.
100La prima vita del cillio e la quinta
     Ti fan meravigliar, perchè ne vedi5
     La region delli Angeli dipinta.
103Dei corpi suoi non uscir, come credi,
     Gentili; ma Cristiane in ferma fede,
     Quel dei passuri, e quel dei passi piedi.6

  1. v. 90. C. A. se son
  2. v. 93. C. M. C. A. la prome.
  3. v. 95. C. M. Di caldo amor e di
  4. v. 97. C. M. C. A. che uomo a uom
  5. v. 101. C. A. Ti fa
  6. v. 105. Passuri, participio che ben sarebbe avesse dei compagni, i quali alla poesia certamente recherebbero assai buon servigio. E.
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