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e però ben dice che nullo creato bene, a sè la tira; cioè la prima voluntà, Ma essa; cioè la prima voluntà, radiando; cioè gittando e spargendo li raggi della sua bontà, lui cagiona; cioè quel creato ben produce, siccome prima cagione d’ogni cosa. E perchè chi è infidele non consona a la prima volontà, seguita che non sia buono nè iusto, e così iustamente è condannato.
C. XIX — v. 91-102. In questi quattro ternari lo nostro autore finge come la detta aquila seguitò lo suo parlare ancora della iustizia d’Iddio, adornando prima la sua poesi d’una bella similitudine, dicendo così: Quale sovresso ’l nido; cioè chente e come si gira sopra lo suo nido, dove sono li suoi cicognini, si rigira; cioè va roteando, Poi ch’à pasciuto la cicogna i filli; cioè poi che à pasciuto li suoi cicognini. E come quei, ch’è pasto; cioè lo nido dei detti suoi figliuoli, che tutto è pasciuto, la rimira; cioè ragguarda lei, cioè la sua madre: imperò che tutti stanno col capo alto e cogli occhi levati a guardarla, Cotal si fece; cioè quale la cicogna, quando si gira sopra ’l suo nido, e quando lo suo nido rimira lei, e su levò li cilli La benedetta imagine; cioè così roteò la detta aquila per lo pianeto di Iove sopra l’emme in sul quale era, e così levò le ciglia alte, su in verso lo cielo impireo nel quale è Iddio, come la cicogna gira sopra lo suo nido, e come lo suo nido levano li occhi a rimirare lei, che; cioè la quale aquila, l’ali; cioè sue, Movea sospinte; cioè su levate, da tanti consilli; cioè da tanti beati spiriti, quanti erano in quelle ali. Roteando; ecco che pone che si girasse, cantava; cioè la detta aquila, e dicea: cioè a me Dante. Quali Son le mie note; cioè del mio canto, a te; cioè Dante, che nolle ’ntendi; cioè lo quale nolle ’ntendi le dette mie note, Tal è l’iudicio eterno; cioè sì fatto è lo iudicio d’Iddio eterno, a voi mortali; cioè a voi omini: siete mortali, che nollo intendete. Poi seguitaro quei lucenti incendi; cioè li detti beati spiriti, che erano come splendori di fuoco di carità e d’amore; e però adiunge: De lo Spirito Santo: imperò che lo Spirito Santo riluceva in loro, seguitorno lo parlare che si dirà di sotto, ancor nel segno; cioè dell’aquila fatta et imaginata di loro, come detto fu di sopra, Che; cioè lo qual sengno dell’aquila, fe i Romani al mondo reverendi: imperò che li Romani sotto la insegna dell’aquila sogiugorno lo mondo a la loro singnoria, e così furno riveriti da tutto lo mondo. Come fu detto di sopra, l’autore finge che li detti beati spiriti fusseno in forma d’aquila, perchè tutti furno regi e singnori iustissimi nel mondo, quelli ch’elli finge che si rappresentino in esso segno che furno sopra li altri omini, come l’aquila è sopra li altri uccelli. Et ora anco finge che in sì fatta forma parlino: imperò che li induce a parlare dei regni e dei regi del mondo; et anco, perchè ’l detto segno è segno di iustizia, se l’appropriorno