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becco dell’aquila, E sonar ne la voce; cioè della detta aquila, et Io e Mio; cioè parlare in singulari, Quando era nel concetto Noi e Nostro: imperò che parlava di tutti quelli spiriti insieme, siccome uno parlasse; perchè lo parlare è d’uno, e lo intendimento era di tutti E questo così fatto modo di parlare non fu mai più d’alcuno trovato, che dicendo Io e Mio s’intendesse Noi e Nostro, lo contrario sì bene; cioè che, dicendo Noi e Nostro, s’intende Io e Mio; e Voi e Vostro s’intende Tu e Tuo. E ben dice che non fu mai per fantasia compreso 1 che di più spiriti si facesse uno corpo apparente, che parlasse come uno, siccome àne ora compreso 2 la sua fantasia.
C. XIX — v. 13-27. In questi cinque ternari lo nostro autore finge come quella aquila, della quale è detto, parlò e manifestò chi erano quelli spiriti che essa formavano, parlando in generale di loro condizione; e come mosse confusamente uno dubbio, acciò che da loro si solvesse, dicendo così: E cominciò; cioè lo detto rostro de la detta aquila a parlare e dire le infrascritte parole; cioè: Per esser iusto e pio Sono io qui esaltato a quella gloria Che non si lascia vincer al disio; ecco che parla in singulari, intendendo in plurali; cioè perchè noi siamo stati nel mondo iusti e pietosi: non si può operare iustizia perfettamente senza pietà e misericordia: imperò che se non si muove la iustizia da carità, che l’uomo abbia in verso lo prossimo: sarebbe più tosto la punitiva crudeltà 3,e la premiativa c la ristorativa sarebbe senza merito 4; e però adiunge l’autore a l’iusto pio, perchè co la iustizia conviene la pietà che significa movimento di carità: ogni atto di iustizia vuole essere mosso da carità a volere che sia meritorio. E seguita: Siamo noi beati spiriti quivi, cioè in questo pianeto di Iove, perchè seguitammo nel mondo la sua influenzia, a quella gloria; cioè perfetta di paradiso, la quale gloria non si lascia vincere dal desiderio umano: la gloria umana si lascia vincere dal desiderio umano: imperò che non è mai tanta, che l’uomo non ne volesse anco più; ma la gloria di paradiso perfetta sazia lo desiderio umano. Et in terra; cioè nel mondo, quando noi ci partimmo da esso, lassai; cioè lasciammo, la mia memoria; cioè la memoria di noi beati spiriti, Sì fatta; cioè la nostra memoria. che le genti lì; cioè nel mondo, malvage; cioè rie e peccatrici, Commendali lei; cioè la nostra memoria, ma non seguen la storia; ogni uno, o buono o rio che si sia, commenda le virtù; ma lo rio nolle seguila però. Così un sol calor di molte brage Si fa sentir; ecco
- ↑ C. M. appreso che
- ↑ C. M. ora à appreso la
- ↑ C. M. che giustizia, e così non sarebbe virtù anco vizio, e la
- ↑ C. M. merito. Imperocchè se io premio chi à meritato e ristoro chi à dannifìcato non mosso da pietà e misericordia io non ò carità, et ogni virtù senza carità non è virtù e niente vale; e però