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[v. 1-12] | c o m m e n t o | 539 |
esser iusto ec.; nella terza finge com elli’mosse lo dubbio a quelli beati spiriti, che erano in forma d’aquila, non manifestandolo proponendo 1 che ’l dovessono sapere, e com’elli s’apparecchiorno a rispondere, et incominciasi quine: Ben so io ec.; nella quarta parte finge come quella incominciò a parlare, premettendo alquante conclusioni necessarie a la soluzione del dubbio, et incominciasi quine: Poi cominciò ec.; ne la quinta parte finge come conchiuse, posti e premissi alcuni princìpi, et incominciasi quine: Dunque vostra veduta ec.; nella sesta finge come, dichiarati alquanti princìpi, discese l’aquila al punto della questione e propuosela, et incominciasi quine: Assai t’è mo aperta ec. Divisa adunqua la lezione, ora è, da vedere lo testo co l’esposizione allegoriche e morali.
C. XIX — v. 1-12. In questi quattro ternari lo nostro autore propone quel ch’elli àe finto di sopra che facessono li beati spiriti, che si rappresentorno a lui in forma d’aquila, dicendo così: Parea dinanzi a me; cioè Dante, con l’ali aperte La bella image; cioè 2 de l’aquila, che mi pareva che stesse co l’ali aperte; e questo finge, perchè in questa forma sta, in quanto è segno d’imperio, a significare che ella è atta a comprendere ogni uno, et anco per dimostrare ch’ella è atta co l’ali a fare quelli due atti che s’appartegnano ad iustizia; punire li rei e rimeritare li buoni; e chiamala bella image: imperò che bella image è quella che rappresenta la iustizia mondana, che è conservatrice delle cose umane, che; cioè la quale imagine dell’aquila, facean l’animo conserte; cioè insieme ordinate a rappresentare tale segno. Liete; cioè le dette anime, nel dolce frui: imperò che erano liete ne la sua beatitudine, che non è altro che usare 3 Iddio; la quale cosa è dolcissima. Parea ciascuna; delle dette anime a me Dante, rubinetto; cioè a modo d’una pietra preziosa, che si chiama rubino che è di colore di fuoco, in cui; cioè nel quale rubinetto, Raggio di Sole ardesse; cioè risplendesse, sì acceso; cioè lo detto raggio, Che ne’ miei occhi rifrangesse lui; cioè che ripercotesse sè dal dello rubino ne’ miei occhi di me Dante. E quel, che mi convien ritrar; cioè ritirare da la mia memoria, che ’l vidde allora, Non portò voce mai; cioè non fu mai voce che ’l dicesse, dice l’autore, come dirò io, nè scrisse onchiostro; cioè non fu mai chi lo scrivesse, Ne fu per fantasia giammai compreso; cioè non fu mai niuno, che ciò apprendesse, se non avale io 4. E manifesta quel che fusse quello, che mai non s’apprese, nè si disse, nè scrisse mai d’alcuno se non da lui. Ch’io; cioè imperò che io Dante, vidi: imperò che io era presente, et anco udi’ parlar lo rostro; cioè lo