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c a n t o   xix. 535   

49E quinci appar ch’ ogni minor natura1
     È corto ricettaculo a quel bene,
     Che non à fine, e sè con sè misura.
52Dunque vostra veduta, che conviene2
     Esser alcun dei raggi de la Mente,
     Di che tutte le cose son ripiene,
55Non può di sua natura esser possente3
     Tanto, che ’l suo principio non discerna
     Molto di là da quel, che gli è parvente.
58Però ne la iustizia sempiterna
     La vista che riceve ’l vostro mondo,4
     Com’ occhio per lo mare, entro s’interna;
61Che, benchè da la proda veggia ’l fondo,
     In pelago nol vede, e non di meno
     Elli è; ma cela lui l’esser profondo.5
64Lume non è, se non vien da sereno,
     Che non si turba mai, anzi è tenebra,
     O ombra de la carne, o suo veneno.
67Assai t’ è mo aperta la latebra,
     Che t’ascondea la iustizia viva,
     Di che facei quistion cotanto crebra:6
70Che tu dicei: Un om nasce a la riva
     Del Nilo, e quivi non è chi ragioni
     Di Cristo, nè chi legga, nè chi scriva;
73E tutti suoi voleri et atti buoni
     Sono, quanto ragione umana vede,
     Senza peccato in vita, o in sermoni.

  1. v. 49. C. A. ogni miglior
  2. v. 52. C. A. nostra
  3. v. 55. C. A. da sua
  4. v. 59. C. A. il nostro
  5. v. 63. C. A. El v’ è, ma celai sì l’esser
  6. v. 69-70. Facei, dicei, sottrattone dall’ ultima sillaba il v, come pure nella prima e terza persona dell’imperfetto, le quali sole oggi l’uso accetta, rifiutando questa seconda. E.