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p a r a d i s o x v i i i . |
[v. 109-123] |
L’altra beatitudo; cioè l’altre anime beate, che contenta Parea in prima d’ingilliarsi all’emme; cioè che prima stare 1 contenti d’essere corona, formata a modo di gilli in su l’emme, che, come detto è significano li regi che furno iusti nel mondo e resseno con iustizia li popoli, Con poco moto; cioè con poco movimento, seguitò la imprenta; cioè la formazione dell’aquila incominciata dalli altri beati spiriti. E per questo 2 sì da ad intendere l’autore che, quando a Dio piacque di muovere li regi del mondo a fare una monarchia et uno reggimento di iustizia, ch’elli seguitorno lo movimento; o volliamo dire che l’autore finge questo, perchè quello pianeto per virtù datagli da Dio è disposto a dare tale influenzia, se li omini la volessono ricevere. E però l’autore finge che, mosso da questo che vidde, facesse prego a Dio che acconciasse li cuori delli omini a ricevere tale impressione; unde dice: O dolce stella; questo finge che dicesse, parlando al pianeto Iove, che è stella di dolcezza, di pace, di iustizia e di bene, quali; cioè come fatte, e quante gemme; cioè e come grandi spiriti beati, che erano lucenti come gemme, Mi dimostroro; cioè dimostrorno a me Dante, che nostra iustizia; cioè di noi omini del mondo, Effetto sia del Ciel; cioè sia cagionata dal cielo tuo; e però dice, che; cioè lo quale cielo, tu; cioè pianeto Iove, ingemme; cioè adorni, come gemma adorna cintola o corona! E qui dimostra, perchè abbia fatto questa fizione, cioè per mostrare che tale influenzia di iustizia viene dal sesto cielo; e, fatto questa congratulazione, adiunge lo suo prego, dicendo: Per ch’io; cioè per la qual cosa io Dante, prego la Mente; cioè divina, in che; cioè nella quale mente divina, s’inizia; cioè s’incomincia, Tuo moto; cioè tuo movimento: imperò che Iddio è prima cagione di tutti li movimenti, come dice Boezio nel terzo preallegato li.°: Stabilisque manens das cuncta moveri— , e tua virtute: imperò che la virtù dei pianeti àe principio da Dio, che rimiri; cioè che un’altra volta miri; e per questo mostra che altra volta lo ragguardasse, poi che prega che da capo miri, Ond’esce ’l fumo; cioè da qual parte esce l’oscurità e la nebbia, che; cioè la quale, tuo raggio vizia; cioè impaccia lo tuo raggio, che non può mandare la sua influenzia. E qui tocca l’autore, secondo la lettera, la ragione de li Astrologi che diceno che l’aspetto dei corpi celesti, che è la direzione dei loro raggi, manda per li raggi la loro virtù e la loro influenzia; e, secondo l’allegoria, tocca la cagione che ci priva de la influenzia dei beni, che è disposto lo cielo a darci, che è lo peccato e la colpa nostra, che come nebbia non lascia la virtù celeste descendere sopra di noi. Sì ch’un’altra fiata; cioè per sì fatto modo, che un’altra volta, come fece la prima, omai;
- ↑ C. M. prima parevano stare
- ↑ C. M. per questo dà ad intendere