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c o m m e n t o |
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rissono nel pianeto di Iove, che àe influenzia nel mondo di iustizia. Quelli beati spiriti ne la loro vita furno osservatori di iustizia, essendo signori e rettori dei popoli; e che si girasseno secondo moto circulare cantando, e finito lo canto si mostrorono la prima volta in segno et in figura d’uno D; et, in tale figura formati, si arrestavano e tacevano, e poi facevano l’altra circulazione; e, quando si riposavano e tacevano, si formavano in figura d’uno I, e poi d’uno L, e così poi di tutte quelle 35 lettere. E per questo dà ad intendere che quelli signori e rettori dei popoli, che ànno osservato nel mondo ragione et iustizia, siano in vita eterna per tale merito; e come ànno avuto sempre respetto a Dio, venendo la grazia di tale ispirazione da Dio, e per rispetto di lui operando, però finge che dimostrino moto circulare cantando sempre la loda di Dio, e riposandosi quella iustizia figurando: però che quella insegnavano, facendo leggi et ordini e statuti a quella appartenenti. E perchè questo feceno per l’amore d’Iddio, e per piacere a lui, ànno quello operato che s’apparteneva ad iustizia, però finge che si rappresentasseno in moto circulare e cantassono laude a Dio ringraziandolo de la loro salute, e perchè li beati sempre si specchiano in Dio, e da lui ritornano a lui: imperò che quella è la loro beatitudine; cioè vedere Iddio. E finge l’autore che riposandosi figurino quelle lettere: imperò che girando non sarebbe verisimile che le potessono figurare; e perchè il merito loro è stato l’amore de la iustizia, però finge che dimostrino tali figure; e perchè tale influenzia àe Iddio posto in tale pianeto, cioè Iove, però àe fìnto l’autore che tale rappresentazione facessono li beati spiriti in questo sesto pianeto, et adiunge poi anco altre bellissime fizioni, come apparrà di sotto.
C. XVIII — v. 94-108. In questi cinque ternari lo nostro autore adiunge a la predetta un’altra bella fizione, dicendo che poi li pareva vedere quelli santi beati spiriti, che diceano co le loro figure: Diligite iustitiam, qui iudicatis terram, si rimanevano nell’ultima figura ordinati, cioè nella lettera M; et altri beati spiriti descendevano sopra l’emme al colmo suo, come volesseno fare una corona al colmo dell’emme a modo di gilli; e poi quinde rilevarsi in su alquanti e sallire quale molto e quale poco; e, fermatosi ciascuno nel suo luogo, vidde formata la testa e ’l collo d’una aquila; e li altri che erano rimasi in su l’emme a modo di gilli di corone, che in sì fatte figure s’erano posati, vedea seguitare la figura dell’aquila incominciata dalli altri. E per questa fizione allegoricamente dà ad intendere che questo emme del vocabulo quinto significa lo mondo, e però lo figura per la lettera M, perchè è la prima lettera che abbia questo nome mondo, e però lo pillia dal quinto vocabulo; cioè terram, e non dal secondo, cioè iustitiam,