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c o m m e n t o |
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cioè tanto allegri, che la sua sembianza; cioè la sua apparenzia e lo suo atto, che allora mi mostrò, Vinceva li altri e l’ultimo solere; cioè vinceva l’altre usanze e l’ultima, che m’avea mostrato di sopra senza mezzo. E come, per sentir più dilettanza; cioè che non à sentito, l’uomo prima, L’omo operando ben di giorno in giorno; cioè quando l’omo opera bene di di’ in di’, sente più diletto ne la mente sua, l’uno di’ che l’altro, S’accorge; cioè s’avvede, che la sua virtù avanza; cioè cresce, Sì; cioè per sì fatto modo; così è adattazione della similitudine, m’accors’io; cioè m’aviddi io Dante, che ’l mio girar intorno Col Cielo insieme; cioè che girandomi io Dante intorno, cioè al perno del primo moto, come si gira lo cielo, secondo lo suo moto ragionevile del primo mobile, avea cresciuto l’arco: imperò che quanto più si va insù, maggior cerchio fa: imperò che maggiore è l’altezza dal perno e dal centro, Veggendo quel miracol sì adorno; cioè vedendo Beatrice tanto adorna, quanto io la viddi; la qual cosa dice miracolo: imperò che miracolo è quel che è oltra natura e sopra natura; e sopra natura era che Beatrice fusse sì fatta splendida, e questo non era altro che lo ingegno di Dante, che quanto più inalzava la sua materia, tanto più s’inalzava lo ’ngegno suo e più comprendeva della santa Teologia, e questo non era per natura, anco era per grazia divina, sicchè bene era miraculo. Et a dimostrare questo subito mutamento, arreca questa similitudine; cioè: Quale il trasmutar in picciol varco Di tempo in bianca donna; cioè come in piccol tempo la donna bianca si trasmuta, quando il volto Suo; cioè de la bianca donna, discarchi; cioè discarichi, di vergogna il carco; cioè lo carico della vergogna, cioè quando ella pone giù la vergogna; cioè come si muta tosto lo volto de la bianca donna, quando vergognatasi pone giù la vergogna: imperò che vergognadosi diventa vermillia e poi diventa tosto bianca, come era prima, Tal fu ne li occhi miei; cioè di me Dante il trasmutare, quale è nella bianca donna, come è detto di sopra: imperò che come io vedeva prima Marte rubicondo; così tosto vidd’io 1 Iove bianco, e spensi; cioè ne lo mio intelletto e nella mia ragione, allegoricamente intendendo, quand’io; cioè quando io Dante, fui volto; cioè rivolto da l’aspetto di Beatrice, Per lo candor; cioè per la bianchezza splendiente, de la temprata stella Sesta; cioè nel pianeto sesto, che è Iove, che è pianeto temperato in colore che non è rubicondo, come è Marte, che; cioè lo quale pianeto, dentro a sè m’avea ricolto; cioè avea ricolto me Dante: imperò che io mi trovava dentro in esso. E perchè qui
- ↑ C. M. viddi io dove è bianco Iove, nel quale io era salito. Et allegoricamente si dè intendere che questo trasmutamento fu nell’intelletto suo, quand’io;