49Indi tra l’ altre luci mota e mista1
Mostrommi l’alma, che m’ave parlato.2 3
Qual era tra i cantor del Cielo artista.
52Io mi rivolsi dal mio destro lato,
Per vedere in Beatrice il mio dovere
O per parole, o per atto, segnato;
55E viddi le suoi luci tanto mere,4
Tanto ioconde, che la sua sembianza
Vinceva li altri e l’ultimo solere.
58E come, per sentir più dilettanza,
L’ omo operando ben di giorno in giorno,5
S’ accorge che la sua virtù avanza;
61Sì m’accors’io, che ’l mio girar intorno
Col Cielo insieme avea cresciuto l’arco,
Veggendo quel miracol sì adorno.6
64Quale il trasmutar in picciol varco7
Di tempo in bianca donna, quando il volto
Suo discarchi di vergogna il carco;8
67Tal fu ne li occhi miei, quand’ io fui volto,
Per lo candor de la temprata stella
Sesta, che dentro a sè m avea ricolto.
70Io viddi in quella iovial facella9
Lo sfavillar dell’amor, che lì era,
Segnar a li occhi miei nostra favella.
73E come augelli surti di rivera,
Quasi congratulando a lor pasture,
Fanno di sè or tonda, or altra schiera;10
- ↑ v. 49. Mota, dal participio latino motus; mosso. E.
- ↑ v. 50. C. A. m’avea
- ↑ v. 50. Ave, sincope di avie, come talora cadevano in e, per uniformità al presente indicativo, le tre persone singolari dell’imperfetto. E.
- ↑ v. 55. C. A. le sue
- ↑ v. 59. C. A. Bene operando l’uom,
- ↑ v. 63. C. A. miracolo più adorno,
- ↑ v. 64. C A. E quale è il
- ↑ v. 66. C. A. Suo si disarchi
- ↑ v.70. C.A. giovial
- ↑ v.75. C.A. or lunga schiera;