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508 | p a r a d i s o x v i i . | [v. 121-132] |
Li occhi de la mia donna; cioè di Beatrice: che s’intenda per li occhi e per Beatrice è stato sposto in molti luoghi in questa comedia ne le parti passate, mi levaro; cioè levorno me Dante, E possa per lo Ciel; cioè per lo qual ora io Dante sallio, di lume in lume; cioè di pianeto in pianeto, che sono tutti luminosi, Ò io; cioè òne io Dante, appreso; co lo intelletto, quel; cioè de le persone del mondo, che, s’io; cioè lo quale, se io Dante, ridico; cioè scrivo nella mia opera, A molti fi’ sapor di forte agrume; cioè a molti dispiacerà, come dispiace lo sapore molto agro. E s’io; cioè e se io Dante, al vero; cioè a la verità, sono intimo amico; cioè amico perfetto d’entro da me, cioè se io òne lo vero d’entro da me, come dice colui ch’è perfetto amico de la verità e non la manifesta di fuora, Temo di perder viver; cioè temo di perder la fama, ne la quale si vive, poi che l’omo virtuoso è morto, tra coloro Che questo tempo chiameranno antico; cioè tra li discendenti che aranno sì vizioso seculo, che questo seculo chiamaranno antiquo; cioè puro, per respetto del loro seculo; e così dice: Se io sto cheto per paura, io non acquisterò fama.
C. XVII — v. 121-132. In questi quattro ternari lo nostro autore finge come messer Cacciaguida rispuose al suo dubbio, confortandolo ch’elli debbia seguitare lo suo proposito, dicendo: La luce; cioè lo beato spirito, che era rappresentato ne la luce e nello splendore, in che; cioè ne la quale luce, ridea; cioè mostrava allegrezza, lo mio tesoro; cioè lo mio terzo avo, ch’era lo mio tesoro, Ch’io; cioè ch’io Dante, trovai lì; cioè nel corpo di Marte, si fe prima corusca; cioè prima gittò splendore. Quale; cioè si fa, a raggio del Sol lo specchio d’oro; cioè come diventa splendido lo specchio dell’oro a raggio del Sole. Indi; cioè di poi, rispuose; cioè a la mia dimanda, Coscienzia fusca; cioè meschiata 1, O de la propria; cioè della sua propria vergogna, che descenda da la sua colpa, o de l’altrui vergogna, cioè di quella, che viene da’ parenti, Pur sentirà la tua parola brusca; cioè lo tuo parlare o di sè o del parente, che li fia dispiacevile. Ma non di men, rimossa ogni menzogna; cioè ogni bugia cacciata via, Tutta tua vision fa manifesta; cioè fa manifesto tutto ciò, che ài veduto o bene o male che si sia; cioè ciò che ài pensato che fia da mettere, secondo lo tuo iudicio, in questa tua comedia, E lassa pur grattar dov’è la rogna; cioè lascia pur dolere chi s’à a dolere. Che; cioè imperocchè, se la voce tua sarà molesta Nel primo gusto; cioè nel primo apprendere, come 2 lo cibo medicinale si sente al primo gusto amaro, vital notrimento Lasserà poi; cioè nell’ani-