[v. 13-30] |
c o m m e n t o |
497 |
pratica et inferiore, Su per lo monte; cioè del purgatorio, che l’anime; cioè umane, cura; cioè purga dei suoi peccati, che ànno fatti nel inondo, E descendendo nel mondo defunto; cioè e dcscendendo per lo inferno, lo quale chiama mondo defunto, perchè quello è luogo dei dannati che sono defunti e privati della grazia d’Iddio; e descendere e considerare come la penitenzia ce la fa racquistare è ascendere, e lo scendere e partirsi da la grazia è morire, e lo montare e tornarvi è vita, Ditte mi fuor di mia vita futura Parole gravi; cioè a me Dante fu detto di quel che mi doveva avvenire nell’uno luogo e nell’altro, mentre che io aveva a vivere, parole che mi furno gravi pensandole: ad ogni uno è grave l’avversità, benchè alquanti siano forti a 1 poterla, et alquanti no. E le parole, che li furno dette da messer Farinata delli Uberti, furno quelle che io dissi nel principio del canto presente, cioè: Ma non cinquanta volte fia raccesa La faccia della donna, che qui regge, Che tu saprai quanto quell’arte pesa. Come appare nel detto luogo, l’autore venendo a parole col detto messer Farinata, parlando de le cacciate e tornate dei guelfi e de’ ghibellini in Firenze, avendo detto Dante a lui: Se fur cacciati; cioè li guelfi, ei tornar d’ogni parte, l’una e l’altra fiata; Ma i vostri; cioè li ghibellini, non appreser ben quell’arte; cioè del tornare: imperò che non ritornorno mai poi, allora messer Farinata, secondo la poesi dell’autore, li disse le dette parole, cioè che non passerebbono cinquanta mesi ch’elli saprebbe quanto è grave l’essere cacciato di casa sua; e così fu: imperò che inanti 1304 furno cacciati li bianchi di Fiorenza, tra’quali fu Dante, partendosi de la città per sua vollia, vedendo lo malo stato de la città, benchè poi fu fatto che non vi potesse tornare. E nel purgatorio finge che li dicesse Odorizi, come detto ene: Più non dirò, e scuro so ch’io parlo; Ma poco tempo andrà che i tuo’ vicini Faranno, sì che tu potrai chiosarlo; cioè questo mio detto tu potrai esponere: chiosare è esponere: imperò che fi’ venuto quel che io predico inanti: allora si chiosano e spognansi le cose preditte, quando sono addivenute: imperò che l’uomo dice: Questo significavano le tali parole, avvegna ch’io; cioè che io Dante, mi senta; cioè senta me, Ben tetragono; cioè quadrangulo, cioè forte come lo quadrangulo: tetragono si dice da tetra 2, che significa quattro et agono che significa canto, e però tetragono, di quattro canti, ai colpi di ventura; cioè a l’avversità che dà la ventura; cioè, benchè le cose dittemi siano gravi, io mi sento ben forte a sostenerle. Et adiunge lo suo desiderio: Per che; cioè per la qual cosa, la vollia mia seria contenta; cioè la voluntà di me Dante si contentrebbe, D’intender qual fortuna mi s’appressa; cioè a me
- ↑ C. M. a portarla,
- ↑ Tetragono; avente quattro angoli; da τετράς quattro, e γωνία angolo. E.