22Beatrice in suso, et io in lei guardava;
E forsi ’n tanto, ’n quanto un quadrel posa,
E vola, e da la noce si dischiava,
25Iunto mi viddi, ove mirabil cosa
Mi torse ’l viso a sè; e però quella,
Cui non potea mi’ opra essere ascosa,
28Volta ver me sì lieta come bella:
Drizza la mente in Dio grata, mi disse,
Che n’ à coniunti colla prima stella.
31Parevami che nube ne cuoprisse
Lucida, spessa, solida e polita,
Quasi adamante in che lo Sol ferisse.
34Per entro sè l’ eterna margarita
Ne ricevette, come acqua ricepe
Raggio di luce, permanendo unita.
37S’ io era corpo, e qui non si concepe,
Come una dimension altra patio,
Che esser convien se corpo in corpo repe,
40Accender ne dovria più il disio
Di veder quella essenzia, in che si vede
Come nostra natura a Dio s’ unio.
43Lì si vedrà ciò che tenem per fede,
Non dimostrato; ma fia per sè noto
A guisa del ver primo che l’om vede.1
46Io rispuosi: Madonna, sì divoto,
Com’ esser posso più, ringrazio Lui,2
Lo qual dal mortal mondo m’ à rimoto.3
49Ma ditemi, che son li segni bui4
Di questo corpo, che là giù in terra5
Fan di Cain favoleggiar altrui?
- ↑ v. 45. C. A. crede,
- ↑ v. 47. C. A. Quanto esser
- ↑ v. 48. C. A. Lo qual m’ à dal mortal mondo remoto.
- ↑ v. 49. C. A. ditene,
- ↑ v. 50. C. A. laggiù in