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[v. 10-27] | c o m m e n t o | 467 |
meraviglia se tu, nobiltà di sangue, benchè sii poca, fai gloriare la gente di te. Ecco la cagione, Chè; cioè imperò che, là; cioè in quello luogo, dove; cioè nel quale, appetito; cioè umano, non si torce; cioè non si piega da la dirittura, Dico nel Cielo; ecco che espone lo luogo dove elli era, quando finge che avesse questa visione, cioè nel corpo di Marte, io; cioè Dante, me ne gloriai; cioè de la nobilità del mio sangue, udito messer Cacciaguida che era stato principio de la nobilità del sangue mio. E benchè dica che fusse in cielo, quanto a la lettera, cioè nel corpo di Marte, si debbe intendere secondo la verità che non v’era se non co la mente e col pensieri; sicchè, benchè la mente fusse occupata a quel pensieri, verisimile è che qualche dolcezza di gloria lo movesse, pensando la virtù dell’antiquo suo, che fu principio de la sua nobilita, Ben se’ tu; cioè nobilità, manto; cioè mantello, che; cioè lo quale mantello, tosto raccorce; cioè manchi; usa lo colore che si chiama permutazione, dicendo che la gentilezza è mantello che tosto scorcia: imperò che, come lo mantello adorna di sopra l’uomo; così la nobilità delli antichi adorna in apparenzia l’uomo; ma non in esistenzia, se egli non à la sua nobilità, cioè de le virtù, cioè che elli sia virtuoso: e siccome lo mantello scorcia di di’ in di’; così la gentilezza, se non vi s’aiunge dell’opere virtuose di di’ in di’; e però dice: Sì che; cioè per sì fatto modo scorcia che, se non s’appon; cioè non s’aiunge a la gentilezza coll’opere virtuose, di die in die; cioè l’uno dopo l’altro, Lo tempo; cioè lo processo del tempo e la lunghezza, va d’intorno; a la gentilezza mancandola, co le force; cioè co le forfice; e sincopato per fare la rima, cioè siccome scorcerebbe lo mantello se l’omo andasse tondandolo intorno co le forfici. Seguita.
C. XVI — v. 10-27. In questi sei ternari lo nostro autore finge come, fatta la detta esclamazione de la gentilezza, elli ritornò a parlare al detto spirito: e predice al lettore lo modo col quale elli incominciò, dicendo ch’elli incominciò voi, parlando solamente a messer Cacciaguida, e non alli altri spiriti; e dimostra unde venne questo modo del parlare, cioè da’ Romani; e dice che incominciò, avuta la licenzia per lo cenno fatto da Beatrice, usando una similitudine presa de le istorie de la Tavola Ritonda, dicendo così: Dal voi; questo va a quello: Ricominciaron le parole mie; cioè le parole di me Dante ricominciarono Dal voi; cioè che, ritornando a parlare col detto spirito, incominciai: voi che; cioè lo quale voi, Roma prima sofferie; cioè in prima s’incominciò a Roma a dire, parlando ad uno, voi, che in nessuno altro luogo; e questo fu, secondo che dice Lucano nel libro quinto, quando Cesari tornò a Roma la seconda volta, quando fu fatto dittatore. E perchè rappresentava tutti li senatori e li constili e tutti gli uficiali che soleva fare Roma, quando li parlavano