19Per tanti rivi s’empie d’allegrezza
La mente mia che di sè fa letizia,
Perchè può sostener che non si spezza.
22Ditemi dunque, cara mia primizia.
Quai fur li antichi vostri, e quai fuor li anni
Che si segnaro in vostra puerizia?
25Ditemi de l’ovil di san Ioanni,1
Quant’era allora, e chi eran le genti
Tra esso degne di più alti scanni?
28Come s’avviva per soffiar di venti2
Carbone in fiamm ; così vidd’io quella
Luce risplender ai miei blandimenti.
31E come alli occhi miei si fe più bella;
Così con voce più dolce e soave;
Ma non a questa moderna favella,3
34Dissemi: Da quel di’, che fu detto Ave
Al parto in che mia madre, che è or santa,
S’alleviò di me ond’era grave,
37Al Sol Leon cinquecento cinquanta
E trenta fiate venne questo foco
A rinfiammarsi sotto la sua pianta.
40Li antichi miei et io nacqui nel loco,
Ove si trova pria l’ultimo sesto
Da quei che corre a vostro annoval gioco.4
43Basti de’ miei maggiori or dirne questo:5
Chi essi fusser, et onde venner quivi,
Più è tacer, che ragionar, onesto.
46Tutti color, ch’a quel tempo eran ivi
Da portar arme tra Marte e ’l Batista,
Erano ’l quinto di quei che son vivi.
- ↑ v. 25. C. A. Giovanni,
- ↑ v. 28. C. A. allo spirar de’ venti
- ↑ v. 33. C. A. Ma non con
- ↑ v. 42. C. A. Da quel
- ↑ v. 43. C. A. udirne questo: