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C A N T O     XVI.





1O poca nostra nobiltà di sangue.
     Se gloriar di te la gente fai
     Quaggiù, dove l’affetto nostro langue,
4Mirabil cosa non mi serà mai:
     Chè là, dove appetito non si torce,
     Dico nel Cielo, io me ne gloriai.
7Ben se’ tu manto, che tosto raccorce,1
     Sì che, se non s’appon di die in die,
     Lo tempo va d’intorno co le force.
10Dal voi, che Roma prima sofferie,
     In che la sua famillia men persevra,2
     Ricominciaron le parole mie;3
13E Beatrice, che era un poco scevra,4
     Ridendo parve quella che tossio
     Al primo fallo scritto di Ginevra.
16Io cominciai: Voi siete ’l padre mio,
     Voi mi date a parlar tutta baldezza,
     Voi mi levate sì, ch’io son più ch’io.

  1. v. 7. Raccorce; desinenza della terza persona in e, non rada presso gli antichi. E.
  2. v. 11. Persevra; persevera, come persevranza in luogo di perseveranza venne usato in un sonetto da Meo Abbracciavacca. E.
  3. v. 12. C. A. Incominciaron
  4. v. 13. C. A. Onde Beatrice,