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448 | p a r a d i s o xv. | [v. 70-87] |
questa lezione in sei parti: imperò che prima finge come pigliasse licenzia di parlare da Beatrice e come incominciasse a parlare con messer Cacciaguida; ne la seconda finge come messer Cacciaguida rispondesse a la sua dimanda e narrasseli lo suo parentado, et incominciasi quine: O fronda mia ec.; ne la terza finge come, continuando lo detto spirito lo suo parlare, dice de le condizioni di Fiorenza e del temperato vivere dei cittadini in generale, et incominciasi quine: Fiorenza dentro da la cerchia ec.; ne la quarta parte finge come spezialmente incominciò a nominare de’ cittadini del suo tempo, dimostrando la loro onesta e frugale vita, et incominciasi quine: Bellincion Berti ec.; ne la quinta finge come narrò lo detto spirito la sua natività et unde ebbe origine sopra ’l nome di Dante, et incominciasi quine: Serea tenuto ec.; ne la sesta finge come lo detto spirito narrò lo stato suo e la morte, et incominciasi quine: Poi seguitai ec. Divisa la lezione, ora ene da vedere lo testo co l’esposizioni allegoriche e morali.
C. XV — v. 70-87. In questi sei ternari lo nostro autore finge come egli, presa licenzia da Beatrice poi che ebbe udito parlare lo beato spirito detto di sopra, rispuose a lui e dimandò del suo nome, dicendo così: Io mi volsi a Beatrice; cioè volsi me a ragguardare Beatrice, poi che io uditti così parlare lo detto spirito, per prender licenzia da lei se voleva che io respondesse; e questo finge, per dimostrare che conveniente fu, secondo la santa Teologia, ponere qui questa fizione del suo terzo avo, considerato che morì combattendo per la fede contra l’infideli. e quella udio; cioè Beatrice udio, cioè intese me Dante quello che io voleva dire, Pria ch’io; cioè innanti ch io Dante, parlassi; cioè rispondessi al predetto spirito, et arrisommi; cioè dimostrommi ridendo, un cenno; cioè uno atto, Che; cioè lo quale, fece crescer l’ali; cioè fece inalzare e crescere la potenzia, al voler mio; cioè a la mia voluntà, cioè fece la mia voluntà col desiderio; cioè, vedendo che io m’accordava ne la mia sentenzia co la Teologia, mi crebbe la voluntà del dire. E questa fizione pone qui l’autore, per dimostrare che, innanti ch’elli volesse ponere la sentenzia, ch’elli porrà di sotto dei beati, elli volse lo iudicio e lo consiglio de la santa Teologia e vidde quello che diceva; e, che ella innanti che parlasse lo intendesse, significa che questa sentenzia era stata già determinata per li santi Teologi inanti che elli n’avesse dubbio; che ella li ridesse et accennasselo, figura ch’ella fu intesa da lui con diletto: imperò che elli ebbe diletto, vedendo sè in questa sua sentenzia accordarsi co la santa Teologia. Poi incominciai così; cioè poi che io ebbi lo consentimento de la santa Teologia, io Dante cominciai così, come seguita, a rispondere al detto beato spirito. E qui pone la detta sua sentenzia, parlando in questa forma: L’affetto;