[v. 49-69] |
c o m m e n t o |
447 |
che li sono apposte, In che; cioè nel quale specchio, cioè Iddio, tu: cioè Dante, pandi 1; cioè manifesti, il pensier; cioè tuo, prima, che pensi; cioè inanti che tu abbia lo pensieri: Iddio ab eterno vidde e seppe cioè, che ogni uno debbe avere in pensieri et in voluntà, siccome dice Boezio nel quinto de l’allegata opera: Quare si ab aeterno, non facta hominum modo; sed etiam consilia, voluntatesque praenoscit ec. — . Ma perchè ’l sacro amor; cioè ma acciò che lo santo amore, cioè la carità santa, in che; cioè nel quale, io vellio; cioè vegghio, Con perpetua vita; cioè ne la quale carità io vivo perpetualmente; e bene pone vegghiare per vivere: imperò che ’l dormire è mezzo tra la vita e la morte, e che m’asseta; cioè mi fa crescer la sete, Di dolce disiar; cioè di dolce desiderio: imperò che sempre cresce la carità de’ beati, s’adempia mellio; cioè più cresca, La voce tua 2 sicura, balda e lieta; cioè colla voce tua sicura, ardita et allegra, Suoni la voluntà; cioè col suono suo manifesti la voluntà tua, suoni ’l disio; cioè manifesti lo tuo desiderio, A che; cioè a la qual voluntà e desiderio, lo quale io so inanti che ’l dichi, la mia risposta è già decreta; cioè è già determinata et ordinata; quasi dicesse: lo so ]o tuo desiderio e veggo quello che ài voglia di sapere et one apparecchiato la risposta; ma io non veggo come ciò sapessi manifestare co la tua loquela. E però parla come io t’ò ammonito, a ciò che, veduta la tua virtù, io t’ami pi ferventemente e cresca in me la carità in verso Iddio, che t’à donato tanto di grazia. E tre cose toccò che debbe avere 3 lo parlatore nella sua voce; cioè che debbe essere ferma e non tremante, che significa timore; e debbe essere ardita, cioè alta e non bassa, che significa diffidenzia; e debbe essere lieta e non piangulosa, che significa tristizia; e, veduto in lui queste tre cose, crescerà l’ardore de la carità. E qui finisce la prima lezione del canto xv, et incominciasi la seconda.
Io mi volsi a Beatrice. ec. Questa è la seconda lezione del canto xv, ne la quale l’autore finge come, avuta la licenzia da Beatrice, incominciò a parlare con messer Cacciaguida suo terzo avo, lo quale faccendo menzione del tempo ch’elli fu nella vita, loda lo frugale stato e vivere che fu al suo tempo ne la città di Fiorenza. E dividesi
- ↑ Pandi; dal pandere lalino. E.
- ↑ C. M. La voce tua sì chiara, balda e lieta; cioè colla voce tua sì chiara, ardita
- ↑ C. M. avere lo parlare nella voce; cioè fermezza, altezza e sonorità: imperò che la fermezza prima significa sicurtà; e poi dè avere fermezza e non tremore, che significa paura; e secondo, altezza che significa ardire che si mostra nell’altezza: imperò che la bassa voce significa diffidenzia; e terzio, sonorità che significa letizia: imperò che se fusse piangulosa sarebbe tristizia; e, veduto