Pagina:Commedia - Paradiso (Buti).djvu/458

     446 p a r a d i s o   xv. [v. 49-69]   

lume, non si muta mai bianco, nè bruno; cioè in Dio mai non si muta nulla: imperò che in lui riluceno tutte le cose create. E seguita la similitudine; cioè che, come nel libro che è scritto non si muta la scrittura, se non si muta lo bianco de la carta e lo nero de lo inchiostro; così vuole dire che in Dio niente, si muta come nel libro scritto, nè non si muta lo bianco ne ’l nero: in Dio riluce ogni cosa certa, sicch’elli è come scrittura immutabile, mercè di colei; cioè per merito di Beatrice, Ch’a l’alto volo ti vestì le piume; cioè ti vestitte le penne, co le quali potessi volare in cielo. Queste penne sono le sentenzie de la santa Scrittura, che Dante imparò leggendola, e la virtù che quinde prese; unde si misse a fare questa fizione, che senza la santa Scrittura non Farebbe potuto fare verisimile, come elli àe fatto. Tu credi; cioè tu, Dante, che a me: cioè beato spirito, dice messer Cacciaguida, tuo pensier mei; cioè scorra e vegna lo tuo pensieri ne la mia mente, Da quel ch’è primo; cioè da Dio, che è principio d’ogni cosa; cioè: Tu credi che io, guardando in Dio, vegga lo tuo pensieri, e credi lo vero: imperò che così è che in Dio riluce ogni nostro pensieri, inanti che noi abiamo 1, come dirà incontenente; et arreca una similitudine: così come raia 2; cioè come risplende, Dall’un; cioè dall’unità, il cinque e ’l sei; come lo raggio deriva da la luce e da quella è fatto splendido; così dall’uno si deriva lo cinque e ’l sei, e dall’uno è dato cognoscimento al cinque et al sei: perchè è cinque? Perchè in esso è cinque volte uno; e così, perchè è sei? Perchè sei volte uno, se si cognosce: imperò che, non cognosciuto 3 l’unità, non si cognoscerebbe lo avere 4 aggregato; e cognosciuta l’unità, si cognosce lo numero aggregato che nasce quinde, e così da Iddio viene ogni nostro buono pensieri, et in lui si vedeno. E però; cioè perchè tu pensi che io vegga lo tuo pensieri, che è di sapere chi io sia e perchè ti faccio tanta festa, non mi dimandi di questo, non mi dimandi; cioè tu, Dante, non dimandi me beato spirito, ch’io mi sia; che parlo teco, nè perch’io; cioè nè perchè io Cacciaguida, paia Più gaudioso a te; cioè perchè io mostri maggiore allegrezza a te Dante, Che alcun altro; cioè spirito, in questa turba gaia; cioè in questa moltitudine allegra. Tu; cioè Dante, credi ’l vero: imperò che così è come tu credi; et assegna la cagione, che i minori; cioè spiriti, che sono di minor grado, e i grandi; cioè quelli beati spiriti, che sono di maggior grado, Di questa vita; cioè di vita eterna, ne la quale siamo, miran; cioè ragguardano, ne lo spellio; cioè in Dio, in che riluce ogni cosa come in uno specchio, le cose

  1. Abiamo, più conforme al latino habemus; ma oggi col b raddoppiato: abbiamo. E.
  2. Raia; raggia, da raiare, pronunziato a mo’ de’Trovatori.
  3. C. M. cognosciuta;
  4. C. M. lo numero aggregato;