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[v. 49-69] | c o m m e n t o | 445 |
convenienti, ch’elli venne a la rengraziazione, la quale è cosa che si debbe potere intendere; e però dice: che ’l parlar 1; cioè suo, cioè di quel beato spirito, discese; cioè da la sua alta materia di prima, In ver lo segno del nostro intelletto; cioè inverso quello che a noi è possibile d’intendere, La prima cosa che per me s’intese; cioè per me Dante fu questa ringraziazione che seguita: imperò che l’altre cose non aveva inteso, Fu; cioè questo. Benedetto sia Tu; cioè Iddio, trino; cioè essente in trinità di persone, cioè del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo, et uno; cioè essente in unità di sustanzia e di deità: sono le dette tre persone uno Iddio et una sustanza, Che; cioè lo quale Iddio, nel mio sangue; cioè in Dante, che è disceso del mio sangue, se tanto cortese; che li ài donato tanto di grazia per la tua cortesia, non per suoi meriti 2. E questo s’intende d’Iddio: imperò che Iesu Cristo ce l’à manifestato ne’ suoi Evangeli, et anco lo Spirito Santo ne revelò ai Discepoli et alli Apostoli come è uno Iddio in tre persone et una sustanza.
C. XV — v. 49-69. In questi sette ternari lo nostro autore finge come quello beato spirito seguitò nel suo parlare et invitò lui a parlare, diicendo così: E seguio, cioè lo detto beato spirito: O fillio; cioè o Dante, che se’ mio figliuolo per descensione: imperò che io sono tuo terzo avo, Soluto ài; cioè tu ài sciolto, dentro a questo lume; cioè ne la mia mente, che è dentro a questo splendore che tu vedi. In che; cioè nel quale lume, ti parlo; cioè io Cacciaguida, tuo terzo avo, parlo a te Dante, e che ài sciolto, Grato; cioè grazioso, e lontan; cioè lungo, digiuno; cioè desiderio: lo digiuno cagiona desiderio di mangiare, e però si pone qui per lo desiderio, cioè: Tu ài sazio lo mio lungo e piacente desiderio, che io aveva di vederti venire a questo modo; e dice unde li venne questo desiderio, secondo che finge l’autore, Tratto; cioè cavato questo desiderio, leggendo del maggior volume; cioè d’Iddio, nel quale si vedeno da’ beati tutte le cose; e dice per similitudine, cioè che, come l’uomo leggendo cava del libro ch’elli legge; così li beati ragguardando, come si vede nel libro scritto la scrittura, ch’è, in Dio vedono ogni cosa, e quinde cavano ogni cosa ch’elli sanno. E così vuole l’autore che s’intenda che messer Cacciaguida vedesse in Dio che Dante dovea fare questa opera e che per questo modo desiderava che venisse a perfezione, sicchè dice ora lo suo desiderio sazio; e chiama Iddio maggior volume: imperò ch’elli è la maggior cosa che sia, et è come libro in che li beati vedono ogni cosa; et adiungne: U’; cioè nel quale vo-