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438 | p a r a d i s o xv. | [v. 13-24] |
zione dei beati, fusse come una chitarra a sonare e cantare lode a Dio, e ciaschedun di quelli beati spiriti fusse come una corda de lo istrumento; e però dice: E fece quietar; cioè riposare e stare chete, le sante corde; cioè quelli santi spiriti, che erano come corde a dare quello dolce suono di lode a Dio, Che; cioè le quali corde, la destra del Cielo; cioè lo Spirito Santo che è quello, per cui virtù lo cielo fa le sue operazioni, come l’omo fa co la sua destra, allenta e tira: imperò che la grazia dello Spirito Santo è quella che tira le nostre menti ad amare, lodare e pensare d’Iddio 1; e quando s’allenta, si raffredda tale amore in noi. Et adiunge ora l’autore una invezione contra li amatori de le cose mondane, inducendo quello colore che si chiama espolizione, quando si fa trattando per 2 commozione, dicendo così: Come saranno ai iusti preghi sorde Quelle sustanzie; quasi dica: Non saranno sorde ai iusti preghi; cioè a chi iustamente le pregherà, quelle beate anime, che; cioè le quali, per darmi; cioè per dare a me Dante, vollia; cioè desiderio, Ch’io le pregasse; cioè che io Dante pregasse loro, a tacer for accorde? cioè furno concordevili a stare chete, per dare a me vollia che io le pregasse; dunqua bene seranno attente ad esaudire li iusti preghi. Ben è; cioè iusto è, che senza termine si dollia; cioè che abbia perpetuo dolore, Chi; cioè colui lo quale, per amor di cosa che non duri Eternalmente; cioè del mondo che non dura a l’omo, se non per alcuno tempo, e similmente li suoi beni, quello amor; cioè ordinato e perfetto, si spollia; cioè sè medesimo priva di tale amore 3 ch’el potrebbe avere; cioè l’amore diritto, ordinato e perfetto, s’elli volesse. E così riprende li mondani amatori del bene fallace e non durabile.
C. XV — v. 13-24. In questi quattro ternari lo nostro autore finge come uno di quelli beati spiriti, che erano nel destro corno de la croce, che àe finto essere nel corpo di Marte, discorse al piè de la croce per approsimarsi a lui e parlare con lui; et a dimostrare tale discorso arreca una similitudine de’ vapori, che accesi vicini a la terza regione dell’aire discorreno per l’aire, che paiano pure stelle, dicendo così: Quale per li seren tranquilli e puri; cioè quando è sereno e puro l’aire e riposato che non sia vento, e puro che non sia mischiato con nebbie; ecco che tocca tre cose: imperò che qualunqua cessasse, non si vedrebbono li vapori, e però si richiede che sia l’aire sereno e puro; che non vi sia mesculanza di nebbie: imperò che impaccerebbono la vista; e riposato: imperò che, se vento fusse, risolvrebbe li vapori e non si potrebbono 4 accendere, Discorre