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C. I — v. 124-135. In questi quattro ternari lo nostro autore finge come Beatrice, continuando lo suo ragionare, puose la conclusione del suo argomento come se argomentasse così: Tutta la creatura è fatta da Dio con ordine, e ciascuna cosa secondo lo suo ordine inclina al suo fine, dunqua noi secondo l’ ordine dell’umana natura che è fatta secondo l’anima a questo fine che ritorni a Dio unde viene, andiamo in su a Dio naturalmente e ragionevolemente colla inclinazione animale razionale, secondo la mente quanto alla verità et allegoria; e secondo lo corpo quanto a la fizione figurato glorificato; e solve alcuna obiezione che si potrebbe fare. Dice dunqua così: Et ora; cioè et avale, ; cioè al cielo empireo, ch’è quieto, com’a sito; cioè come a luogo, decreto: cioè ordinato per nostro fine, cioè del nostro movimento 1, secondo istinto naturale e animale, Cen porta; cioè ne porta noi secondo l’anima, si dè intendere, e non secondo lo corpo, la virtù di quella corda; cioè la virtù della inclinazione, Che; cioè la quale inclinazione, ciò che scrocca: cioè ogni cosa che spinge, come spinge la corda la saetta, drizza; cioè fa drittamente andare, in segno lieto; cioè ferire e finire nel bene che è lieto segno: imperò che ogni inclinazione inclina lo suo sobietto nella sua salute, e nel suo bene. Et ora solve uno dubbio che nasce da quello che detto è; cioè se la inclinazione inclina lo suo subietto nel suo bene, dunqua ogni 2 uomo, secondo la sua inclinazione doverebbe andare nel suo bene che è Iddio, dunqua niuno uomo si dannerebbe mai. A che finge l’autore che Beatrice risponda, et è antipofora quando si risponde all’obiezione che si potrebbe fare benchè non si faccia, dicendo che da questa inclinazione naturale et animale razionale si diparte alcuna volta la creatura ragionevole che à libertà d’arbitrio, ingannandosi con la sua falsa estimazione. Et adiungne, a dimostrare questo, una similitudine dell’arte e dello artificiato, dicendo che non sempre l’artificiato risponde alla intenzione dell’arte; cioè dell’artifice che usa l’arte: imperò che la materia non serà disposta a ricevere la forma che l’arte vi vorrà mettere, sì come appare in questo esemplo: se la terra non si 3 bene menata, mai lo vagellaio 4 non potrà fare lo suo vagello, e così se lo subietto della inclinazione non si disposto a ricevere la inclinazione, giammai non inclinerà al fine a che lo inclina la sua inclinazione; e però dice: Ver è; cioè vero è, che come forma non s’accorda Molte fiate alla intenzion dell’arte: imperò che l’arte vorrà fare una 5 cosa,

  1. C. M. montamento,
  2. C. M. niun’uomo,
  3. Si; truovasi nelle persone singolari del presente congiuntivo presso gli antichi questa piegatura primigenia dal latino sim, sis, sit. Vedi più innanzi canto viii, v. 146. « Tal che si nato a cingersi la spada ». E.
  4. C. M. vangeliaro
  5. C. M. alcuna cosa,
   Par. T. III. 5