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c o m m e n t o |
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che quando l’emisperio nostro rischiara, che prima è stato turbato, che incomincia uno chiarore intorno intorno al nostro orizonte; e però dice, che, cioè lo quale orizonte, rischiari; cioè incominci a schiarare. Et ora induce l’altra similitudine: E siccome al salir di prima sera; cioè quando la sera incomincia la notte a montare suso, et allora si dice sallire la prima sera, Cominciati per lo Ciel nove parvenzie; cioè nuove apparenzie 1 di stelle, che paiano e non paiano; e però dice: Sicchè la cosa; cioè che 2 vede in cielo, pare e non par vera: imperò che l’occhio non la vede bene, ne dubita. Parvemi; cioè parve a me Dante, lì; cioè in quello cielo del Sole, nel quale io era, novelle sussistenzie; cioè nuove sustanzie, cioè spiriti venuti di nuovo, Cominciar a veder; come s’incominciano a vedere la sera le stelle, e far un giro Di fuor da l’altre du’ circunferenzie; cioè intorno alli altri due giri; e così questo era lo terzo, nel quale l’autore vuole dimostrare essere li altri scientifici che sono stati nel mondo di niinor grado, che quelli che sono stati detti di sopra. E quasi ammirando la loro grande luce, dice: O vero sfavillar del Santo Spiro; cioè dello Spirito Santo: imperò che, come è detto di sopra, da la visione nasce l’ardore de la carità, che viene dallo Spirito Santo e da quello procede lo splendore, Come si fece subito e candente: imperò che subito occorseno quelli beati spiriti risplendenti, Agli occhi miei; cioè di me Dante, che; cioè li quali occhi, vinti; cioè da quello splendore, nol soffriro; cioè non potettono sofferire quello splendore però che li sentimenti di Dante non erano di tanta virtù, che potessono sofferire sì fatto splendore! Ma Beatrice sì bella e ridente Mi si mostrò; cioè allora a me Dante, che tra quelle vedute; cioè tra quelli beati spiriti risplendenti, Si vuol lassar; cioè non dirlo com’ella era fatta, come io non dico come erano fatti quelli splendori, perchè li occhi non soffersono di vederli, ben ch’io sofferisse di vedere Beatrice sicchè la sua veduta rende virtute a li occhi miei, come apparrà di sotto, che nol seguie la mente; ecco la cagione, per che 3: imperò che la mente di chi l’udisse nol potrebbe imaginare. E qui è da notare perchè l’autore finge che gli altri splendori abbia potuto sofferire di ragguardare, come appare dei due serti di sopra, e questi del terzo serto che finge di nuovo apparito, no. A che si può rispondere che per questi intendesse tutti quelli scientifici che sono stati fedeli et ànno parlato chiaro, come quelli del primo serto e del secondo; ma sì altamente, che la loro sottigliezza non è stata potuta comprendere col suo intelletto e co la sua ragione; o volliamo
- ↑ C. M. apparenzie et immagini che fanno le stelle secondo la loro situazione che
- ↑ C. M. cioè la imagine che si vede
- ↑ C. M. per che, dice che si vuole lasciare Beatrice tra quelli splendori, e non dice quanta era la sua bellezza e la sua letizia: imperò che la