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416 | p a r a d i s o xiv. | [v. 19-33] |
visibili rifatti; cioè poi che sarete coniunti col corpo, che allora sarete fatti visibili, Esser potrà ch’a veder non vi noi; cioè come potrà essere che voi, essenti in tanto splendore, possiate vedere fuori di voi; et anco potrà essere che veggiate chi fi’ dentro a tanto splendore che pare non si debbia potere vedere, siccome l’uomo non può vedere dentro da la spera del Sole; anco se l’uomo vi guarda, l’occhio ne riceve offensione.
C. XIV — v. 19-33. In questi cinque ternari lo nostro autore finge l’allegrezza grande, che ebbono quelli due serti detti di sopra che erano intorno a Beatrice e Dante, quando udittono lo dubbio proposto da Beatrice, dicendo: Come; ecco che arreca la similitudine dicendo che, come quelli che ballano alcuna volta levano le voci e saltano; così feceno quelli beati spiriti, e però dice: da più letizia; ecco che tocca la cagione, pinti; cioè li ballatori, e tratti; ecco due cagioni, per che si rallegrano li ballatori; o perchè sono pinti dalla letizia passata, o sono tirati da quella che seguita. A la fiata; cioè alcuna volta, quei che vanno a rota; cioè quelli che, vanno a ballo tondo, Levan la voce; cioè cantando più alto, e rallegrano li atti; cioè saltando e facendo lo volto lieto e ridente, Così all’orazion; ecco che adatta la cosa assimigliata, dicendo: Così all’orazion; di Beatrice, cioè ala sua diciaria, pronta: però che subita fu dopo lo fine del parlare di santo Tomaso, e devota, imperò che devotamente fu esposita la sua diciaria, Li santi cerchi; cioè quelli due serti dei santi dottori, de li quali è stato detto di sopra che erano intorno a Beatrice et a Dante, mostrar nuova gioia; cioè mostrorno nuova allegrezza, Nel torneare; cioè nel girare intorno più frequentemente, e ne la mira nota; cioè e nella meravigliosa nota del canto. Qual si lamenta; ecco una moralità: imperò che l’autore pone per suasione che, considerando tanto d’allegrezza quanto elli vedeva in quelli beati spiriti, nessuno si dovrebbe dolere del morire, pensando che tale letizia non si può vedere se non dopo la morte, e però dice: Qual; cioè uomo, si lamenta perchè qui; cioè in questo mondo, nel quale Dante finge che fusse quando questo scrisse, non quando lo vidde, si muoia Per viver colassù; cioè in cielo dove non si può vivere, se prima qui non si muore, non vidde quive; cioè in cielo, dove lo viddi io, Lo refrigerio de l’eterna ploia; cioè de l’eterna città: ploia 1 in francioso è a dire città 2. Quell’uno; cioè Iddio, che è uno Iddio et una sustanzia, e du’; cioè Iddio et uomo in due nature divina et umana, e tre; cioè tre persone in tre