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406 | p a r a d i s o xiii. | [v. 118-129] |
pendenti da questi, et Arrio; questi anco fu cristiano prete eretico d’Alessandria al tempo di Licinio imperadore compagno di Costantino, lo quale si fece cristiano liberato da la lebbra da santo Salvestro: questo eretico Arrio disse molti grandi errori e quelli volse nella santa Chiesa di Dio seminare, dicendo che ’l Figliuolo non era consunstanziale al Padre, e che lo Figliuolo era creatura, e che lo Figliuolo aveva creato lo Spirito Santo; e non potendolo rivocare Alessandro vescovo d’Alessandria da questi errori, lo cacciò fuora della chiesa et elli allora suscitò setta contra la Chiesa et allora Costantino imperadore cristiano fece fare lo sinodo, nel quale furno 318 vescovi e convinsono li errori d’Arrio, di Sabellio e di Fotino, e fu cacciato Arrio in esilio; possa revocato, dovendo venire a disputazione col vescovo d’Alessandria, per li devoti preghi del detto vescovo innanzi che venisse a la disputazione, gittò le intestine di sotto e cadde morto, e quelli stolti; cioè cristiani eretici altri, che furno molti, sì come appare ancora di sopra, Che furon; cioè li quali detti eretici furno, come spade a le Scritture; cioè de la santa Teologia, cioè furno fatti come sono le spade ai volti umani: imperò che quando la spada è lucida e lo volto umano vi si specchi, lo rende torto e non lo rappresenta in quella forma che è; così questi eretici ripresentano li testi de la santa Teologia torti a chi li guardava sposti da loro, perchè li storcevano e tiravano a la loro falsa opinione. E bene assimiglia li volti umani a la santa Scrittura: imperò che come lo volto umano dimostra quello che è nel cuore; così lo testo della santa Scrittura dimostra dirittamente la vera sentenzia che è dentro in esso testo, e li eretici storceno li testi e così storceno le sentenzie, e rendono falsi e torti li testi e le sentenzie a chi legge le loro erratiche opinioni; e però dice: In render torti; cioè in rappresentare torti a chi li guarda ne le loro esposizioni, li diritti volti; cioè li dritti testi e le loro diritte sentenzie. E così à fatto prova per questi esempli di quello che disse di sopra, cioè che Chi pesca per lo vero, e non sa l’arte Via più che’ndarno da riva si parte, perch’elli non torna tale quale elli si muove.
C. XIII — v. 130-142. In questi quattro ternari et uno versetto lo nostro autore finge come santo Tomaso, continuando lo suo parlare, adiunse alcuna moralità; cioè che l’uomo non debbe essere sicuro in iudicare le condizioni delli omini: imperò che li iudìci delli omini sono molto ingannevili, dicendo così: Nè sian; ecco che adiunge questa moralità a quella di sopra, quasi dica: Io òne detto che gli omini non debbono affermare nè negare senza distinzione, e debbono essere tardi così all’uno come a l’altro; e così ti dico che debbono essere in iudicare, e però dice: Nè sian le genti ancor