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398 | p a r a d i s o xiii. | [v. 67-78] |
mezzo de’motori, non è sempre atto d’uno modo: imperò che la virtù dei cieli si muta secondo lo mutamento dei cieli e lo situamento de le sue parti; e però altro effetto produceno in uno tempo et altro in uno altro, La luce; cioè la forma e lo splendore, del suggel; cioè della impressione dei cieli, che è come suggello ad imprimere nella materia paziente, parrebbe tutta; cioè si vederebbe tutta imperfetta 1 ne le cose produtte da la natura. Ma la Natura; cioè la natura naturata, cioè le cagioni seconde che sono li cieli, la dà; cioè la virtù dei cieli, che à ad imprimere ne la materia paziente, sempre scema; cioè con mancamento: imperò che nolla dà in quella perfezione che la riceve dai motori, Similemente operando; cioè la natura; ecco che arreca la similitudine, operando; cioè la vera natura, all’artista; cioè come fa l’artefice, Ch’à l’abito de l’arte; cioè che sa quello che richiede l’arte; ma non lo può amministrare: imperò che à defettuosi l’istrumenti e però dice, e man che trema: cioè l’artifice non può amministrare quello che s’appartiene all’arte: imperò che li manca lo istrumento, cioè la mano che dè operare, la quale è defettuosa, chè trema e non può operarla a quello che si conviene e ch’elli vuole fare; e così li cieli ànno bene a producere e sanno quello che si produce; ma per qualche modo manca loro la perfezione. E finisce la prima lezione del canto xiii, et incominciasi la seconda.
Però se il caldo amor ec. Questa è la seconda lezione del canto xiii, ne la quale l’autore nostro finge che santo Tomaso descendesse al punto de la quistione e solvesse l’opposizione e dichiarasse lo punto de la quistione. E dividesi tutta in parti cinque: imperò che prima finge 2 e rende la cagione, per che addiviene che alquanti siano di grande eccellenzia et alquanti perfetti produtti da la natura, come di sopra à renduto cagione per che addiviene che gli omini non nasceno tutti perfetti; nella seconda finge come santo Tomaso descendesse al punto de la quistione, et incominciasi quine: Or s’io non procedesse ec.; nella terzia finge come santo Tomaso solve lo dubbio e la quistione e dà a Dante ammonimento, et incominciasi quine: Unde se ciò ec.; nella quarta parte finge che conferma l’ammonimento dato a Dante per esempli di molti Filosofi et eretici che sono caduti in errore non servando questo ammonimento et incominciasi quine: Per ch’ell’incontra ec.; ne la quinta parte lo nostro autore finge come santo Tomaso adiunse uno altro ammonimento de l’iudicare, dimostrando che l’omo ne’ suoi iudici si può molto ingannare, et incominciasi quine: Nè sian le genti ec. Divisa ora la lezione, è da vedere lo testo co l’esposizioni lilterali, allegoriche e morali.