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130Nè sian le genti ancor troppo sicure
Ad iudicar, siccome quei che stima
Le biade in campo, pria che sian mature:
133Ch’i’ ò veduto tutto ’l verno prima
Il prun mostrarsi rigido e feroce,
Possa portar la rosa in su la cima;1
136E legno viddi già dritto e veloce
Correr lo mar per tutto suo cammino,
Perir al fin all’intrar de la foce.
139Non creda donna Berta, e ser Martino,
Per veder un furar, l’altro offerere,
Vederli dentro dal consil divino:2
142Chè quel può surgere, e quel può cadere.
COMMENTO
Imagini chi bene intender cupe ec. Questo è lo xiii canto di questa terzia cantica, ne la quale lo nostro autore finge come santo Tomaso ritorna a parlare, e solve uno dubbio lo quale nasce d’uno detto che finse l’autore che fusse detto di sopra da lui nel canto x; cioè: A veder tanto non sur se ’l secondo; lo quale detto finse l’autore che santo Tomaso dicesse di Salomone, poi che l’altro dubio che si mosse anco per le parole dette da lui nel detto canto; cioè: U’ ben s'impingua se non si vaneggia, fu soluto di sopra nel canto xi. E dividesi tutto in due parti: imperò che prima l’autore à descritto per similitudine delle costellazioni del cielo li due circulari movimenti, che àe finto di sopra essere stati fatti intorno a sè et a Beatrice da le due brigate de’ dottori de la santa Chiesa; cioè dai dodici maggiori e poi da altri dodici di minore eccellenzia; finge che santo Tomaso d’Aquino incominciasse anco a parlare e movesse lo dubbio, che Dante aveva de le parole dette di sopra da Salomone, opponendo contra quelle e poi incominciando a solvere l’opposizione come si fece da lunga; ne la seconda, come discese al punto de la quistione e solvè l’ opposizione e dichiarò lo punto de la questione,