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p a r a d i s o i. |
[v. 73-84] |
Marte in anni 12, lo Sole in uno anno e sei ore, Venus e Mercurio in altrettanto quanto ’l Sole, la Luna in meno d’uno mese, cioè in 27 di’ et ore otto. E queste differenzie tutte àe ordinato Iddio, e secondo questi movimenti generano vari suoni secondo che dice Macrobio, Super somnio Scipionis; e tutti questi suoni fanno una dolce melodia, et a similitudine di questo suono àe trovato la musica li strumenti di nove corde siccome sono nove Cieli che si muoveno. E muove Macrobio uno dubio, dicendo che se questi così grandi corpi suonano, come non s’ odono da noi? A che risponde che l’ obietto dei sentimenti conviene essere contemperato alle potenzie sensitive, altrementi non operano li sentimenti; e però come, quando lo suono è sì piano che non si contempera all’audito non s’ode, così quando è troppo alto, e dà esemplo del circulo, e però l’autore n’à fatto menzione. E seguita: Quando io uditti quel dolce suono, Parventi allor; cioè allora parve a me Dante, tanto del Cielo; cioè sì grande spazio del Cielo, acceso Dalla fiamma del Sol o Della fiamma del Sol; e così dimostra lo grande splendore ch’era in Cielo e ch’elli vidde, che pioggia o fiume; cioè nel mondo, Lago non fece alcun tanto disteso; quanto quella parte del Cielo accesa era. E questo spazio del Cielo acceso che li parve vedere fu lo corpo della Luna, la quale non à splendore da sè; ma è ricettivo dello splendore del Sole e però sempre la metà del globo è risplendente: imperò che sempre li razzi 1 del Sole illuminano la metà: imperò che sempre per diritto nella sua metà percuoteno, se non quando la terra si oppone in mezzo che può essere ogni sei mesi, cioè due volte l’anno quando la Luna è piena in cauda, o vero in capite draconis, et allora si fa l’eclissi lunare, in parte o in tutto se adiviene che l’ombra della terra l’occupi tutta. E la cagione, per che a noi appare alcuna volta cornuta, alcuna volta sottile, alcuna volta gibbosa, e alcuna volta tutta la faccia illuminata che è la metà, è per lo sito in che ella è, nel quale l’aspetto nostro non può essere mezzo tra lei e lo Sole: imperò che quando può essere mezzo la veggiamo tutta; ma quando è sopra l’un de’ capi, la veggiamo in tre differenzie, o cornuta o mezza, che dicono li Astrologhi sottile, o gibbosa secondo che si dilunga o vero s’approssima al Sole. Ma finge l’autore che la vedesse piana a modo d’un lago: imperò che li corpi sperici grandi a la vista paiano piani, e massimamente quando si vedono da lungi in alto; ma quando di pari paiano lunghi, e però pare schiacciata come una focaccia a noi quando la veggiamo tonda in alto, e però bene la somiglia l’autore con eccesso nella grandessa della sua
- ↑ Razzi; raggi, scambiato in z il g, come in mazzo, maggio. E.