22Tu dubbi, et ài voler che si ricerna1
In sì aperta e sì distesa lingua
Lo dicer mio, che ’l tuo sentir si scerna,2
25Ove dinanzi dissi: U’ ben s’impingua;3
E là, u’ dissi: Non surse ’l secondo;4
E qui è opo che ben si distingua.5
28La Providenzia, che governa ’l mondo
Con quel consiglio, nel qual ogni aspetto
Creato è vinto, pria che vada al fondo:
31Però ch’ andasse ver lo suo diletto
La sposa di Colui, ch’ ad alte grida
Disposò lei col sangue benedetto,
34In sè sicura, et anco in lui più fida,
Due principi ordinò in suo favore,
Che quinci e quindi li fussen per guida.6
37L’un tutto fu serafico in ardore,7
L’altro per sapienzia in terra fue
Di cherubica luce uno splendore.
40Dell’un dirò: perocchè d’ambedue
Si dice, l’un pregiando, qual om prende,8
Perchè ad un fine fuor l’opere sue.9
43Intra Tupino e l’acqua che discende
Del colle eletto dal beato Ubaldo,
Fertile costa d’alto monte pende,
46Unde Perogia sente freddo e caldo
Da Porta Sole, e di rieto li piange
Per grave iugo Nocca con Gualdo.10
- ↑ v. 22. C. A. Tu di ed ài voler che ti si cerna
- ↑ v. 24. C. A. che al tuo sentir si sterna,
- ↑ v. 25. C. A. Un ben s’
- ↑ v. 26. C. A. Non nacque secondo;
- ↑ v. 27. C. A. uopo
- ↑ v. 36. C. A le fusson
- ↑ v. 37. C.A. L’un fu totto
- ↑ v. 41. C. A. qual ch’uom
- ↑ v. 42. C. A. fur l’opere
- ↑ v. 48. C. A. giogo Nocera