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[v. 64-75] | c o m m e n t o | 319 |
non gitta splendore; ma intorno a sè gitta a modo d’uno cerchio sì come lo lume ripercuote nel vetro che è di sopra all’olio, e così gitta lo suo splendore in terra, e perchè è tonda lo gitta tondo, e così fa la Luna, e pero dice: Così cinger la fillia di Latona Vedem; cioè veggiamo, tal volta; noi uomini in questo mondo, quando l’aire è pregno; cioè di vapori rari: imperò che, se fussono spessi, la coperrebbono 1 e convegnano essere rari per ritto la Luna e di lungi da lei intorno per distanzia, forse d’uno braccio o poco meno, e poscia spessi, altremente non si vedrebbe lo cerchio: imperò che se tutti parimente fusseno rari non farebbe cerchio, o se tutti parimente spessi non si vedrebbe la Luna nel cerchio, Si, che; cioè per sì fatto modo pregno, ritenga; cioè l’aire pregno, il fil; cioè lo filo dello splendore, che fa la zona; cioè lo quale splendore fa lo cerchio e lo cinto intorno: zona è vocabulo in Grammatica che viene a dire cintura. Nella corte del Ciel; cioè nella corte di paradiso, ond’io; cioè da la quale io Dante, rivegno; cioè torno, Si trovan molte gioie care e belle: imperò che in paradiso ogni cosa è cara e bella, Tanto; cioè son care e belle, che non si posson trar; cioè cavare, del regno; cioè non si possono cavare di paradiso; imperò che altre che quine non si possono trovare con quella perfezione. E ’l canto di quei lumi; cioè di quelli beati spiriti lucenti più che ’l Sole, era di quelle; cioè care gioie e belle di paradiso; e però seguita questo, Chi; cioè colui lo quale, non s’impenna; cioè non si veste di penne di virtù, sì; cioè per sì fatto modo, che lassù; cioè in paradiso, voli; cioè si levi con quelle virtù, Dal muto; cioè da colui che non può parlare, aspetti quindi le novelle; cioè aspetti di saperle da chi non gliele potrà dire, cioè non aspetti di saperle.
Non si trova che niuno abbia mai potuto dire delle cose di vita eterna, tornato in questa vita se non generalmente, nè santo Paolo, nè santo Lazero, e così degli altri. E qui finisce la lezione prima del canto x, et incominciasi la seconda.
Poi sì cantando ec. Questa è la seconda lezione del canto x, nella quale l’autore finge come venne a parlamento con uno di quelli beati spiriti che erano venuti loro intorno, e come quello li dimostrò e nominò molti altri beati spiriti di quelli. E dividesi questa lezione in cinque parti: imperò che prima finge come uno delli spiriti, che s’erano girati intorno a lui, incominciò a parlamentare con lui; ne la seconda finge come lo detto spirito incominciato a parlare li manifesta lo desiderio suo, e secondo quello l’incomincia a nominare di quelli beati spiriti e nomina sè e lo suo maestro, e promette di nominare degli altri, et incominciasi quine: Tu vuoi
- ↑ Coperrebbono; coprirebbono, dal latino cooperio? E.
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