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ch’elli era della piaggia d’Europa, e ch’elli era della Toscana in giù e da Mompolieri in su, e per questo non è anco dichiarato lo luogo, però adiungerà ancora, che per cammin corto; intende del fiume Macra che poco occupa di lunghezza: nasce de l’alpi d’Appennino et entra in mare a Luni, citta ora disfatta, e però dice la qual Macra per corto cammino, parte; cioè divide, Lo Genovese; cioè popolo, dal Toscano; cioè popolo: però che quello fiume è le confini et intra questi due fiumi, siede Buggea; che è una città d’Africa, e la terra und’io fui; cioè unde fui io Folco: questa è Marsilia che viene quasi incontro a Buggea, quasi Ad uno occaso; cioè ad uno coricare di Sole: imperò che ad una medesima ora s’asconde ai Buggeani et ai Marsiliesi, et ad uno orto; cioè et ad uno nascimento di Sole: imperò che ad una medesima ora si leva a gli uni et a gli altri; e dice quasi, perchè se non fusse così a punto, non vuole aver detto bugia; e perchè non s’intenda d’altra terra che di Marsilia, però adiunge: Che; cioè la qual terra, fe; cioè fece, del sangue suo già caldo ’l porto; cioè sparse lo sangue suo nel porto suo, e per lo sangue umano che è caldo si scaldò l’acqua del porto; e per questo dichiara che fu Marsilia, e tocca qui la storia che pone Lucano, libro terzo; cioè come Bruto che rimase a vincere Marsilia in luogo di Cesari, vinto da’ Marsiliesi nella battaglia fatta in terra, vinse poi in mare combattendo nel porto dove furno morti Marsiliesi assai, come dice Lucano. Folco; ecco che si nomina, mi disse; cioè disse me, quella gente, a cui; cioè a la quale, Fu noto; cioè fu manifesto, il nome mio; cioè di me Folco, e questo Cielo; cioè di Venere, Di me; cioè Folco, s’impronta; cioè si segna e suggella, com’io; cioè Folco, fei di lui; cioè mi improntai di questo cielo quando vissi nel mondo; cioè nel mondo seguitai la influenzia di questo pianeto, vivendo amoroso: ora torna la loda del mio vivere a la virtù informativa di questo pianeto. E nella seguente parte manifesta meglio la sua condizione per esempli dicendo.
C. IX — v. 97-108. In questi quattro ternari lo nostro autore finge che Folco dichiarasse la sua condizione ch’elli ebbe quando visse nel mondo, dimostrando ch’elli seguitò la inclinazione della influenzia di Venere, dicendo per esempli sè molto essere stato infestato dallo amore, dicendo così: Tanto fui improntato dalla influenzia di questo pianeto, Che più non arse; cioè per amore carnale, secondo la fizione poetica; ma non secondo la verità, e questo spirito è indutto a parlare dello stato mondano sì, che ne parla come quando era nel mondo, secondo la fizione poetica, la fillia di Belo; cioè Dido reina di Cartagine la quale fu figliuola del re Belo, come dice Virgilio, la quale s’inamorò d’Enea troiano, secondo la fizione poetica: ma secondo la verità ella moritte che s’uccise per non