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[v. 67-81] | c o m m e n t o | 289 |
iudici d’iddio: imperò che per questi ministri Iddio manda ad esecuzione li suoi iudici in questo modo, ch’elli ragguardano in Dio e vedeno la volontà d’Iddio e quella metteno ad esecuzione, et in essi, dice Cunisa, che ragguardando vedeno li iudici d’Iddio, Onde; cioè dai quali troni, rifulge a noi; cioè risplende a noi beati, Dio; iulicante; cioè Iddio quando iudica, Sì che; cioè per la qual cosa, questi parlar; cioè della iustizia d’Iddio, ne paion boni; cioè a noi che parliamo della iustizia d’Iddio, e però ci dilettano. Qui; cioè in questo sermone et in questa materia, si tacette; cioè lo detto spirito, e fecemi sembiante; cioè vista e cenno, Che fosse ad altro; cioè ad altra cosa, volta per la rota; cioè per la circulazione che finge che facciano per lo pianeto, cioè che non intendea più a ragguardare nei Troni li iudici d’Iddio; ma ad altra speculazione, ne la quale girava da Dio a Dio, In che; cioè nella quale rota e circulazione, si mise, com’era davante; cioè com’era prima a fare la sua circulazione. Seguita.
C. IX — 67-81. In questi cinque ternari lo nostro autore finge che Folco da Marsiglia nominato di sopra, che era ancora nel pianeto di Venere, venisse a parlamento con lui dicendo così: L’altra letizia; cioè l’altro beato spirito che si mostrava lietissimo, che; cioè lo quale, m’era già nota; cioè era già manifesta a me Dante, Preclara; cioè molto chiara, cosa mi si fece; a me Dante, in vista; cioè in apparenzia, Qual; cioè chente, cioè tale quale, fin balascio; ecco che fa la similitudine che era fatto quello spirito, come uno balascio: questa è una pietra preziosa di colore bruschino, in che; cioè nel quale balascio, lo Sol percuota; che percotendovi lo Sole gitta raggi, e così gittava quello spirito. Per letizia; ecco la cagione dello splendore, cioè la letizia; e però dice, fulgor; cioè splendore, s’acquista; dell’anime beate, lassù; cioè in cielo, Sì come riso; cioè s’acquista, qui; cioè giù nel mondo; e parla ora l’autore come tornato, ma giù; cioè nel mondo, s’abbuia; cioè diventa oscura, L’ombra; cioè l’anima, di fuor; cioè all’apparenzia di fuora, come la mente trista; cioè d’entro; e così si vede nel mondo che quando la mente è lieta la faccia è allegra, e quando la mente è trista la faccia è turbata. Dio vede tutto; ecco come incominciò a parlare Dante al detto spirito dicendo: O spirito beato, Iddio vede ogni cosa, e tuo veder; cioè di te beato spirito, s’illuia; cioè entra in lui, cioè in Dio, Diss’io; cioè Dante, beato spirto; cioè a quello spirito che s’era fatto in verso me, sì che nulla Voglia; cioè voluntà nessuna delle sue creature, puot’esser fuia di sè a te; cioè per sì fatto modo lo tuo vedere entra in Dio, che niuna volontà ti può essere celata a te: imperò che tutte riluceno in Dio: imperò che Iddio vede ogni cosa, e così vedi la voluntà mia e lo desiderio