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[v. 1-12] | c o m m e n t o | 281 |
dei fatti de la Marca trivigiana; nella seconda finge come venisse a parlamento con uno altro spirito beato, che si chiamava Folco da Marsiglia, et incominciasi la seconda: La maggior valle ec. La prima, che serà la prima lezione, si divide in sei parti: imperò che prima finge, usando l’apostrofa, colore retorico e figura di Grammatica, che dirizzasse lo suo parlare inverso Clemenzia figliuola del detto re Carlo, e come lo re Carlo partito da lui si ritornò all’orazione sua; nella seconda finge come uno altro di quelli beati spiriti venne a parlare con lui, et incominciasi quine: Et ecco un altro ec.; nella terza finge come quello spirito, addimandato da lui chi elli era, si li manifestò, et incominciasi quine: In quella parte ec.; nella quarta parte finge come lo detto spirito, intrato a parlare con lui, li manifesta un altro che era presso a lui et entra a riprendere li uomini della Marca trivigiana, et incominciasi quine: Di questa luculenta ec.; nella quinta finge come si stendesse lo detto spirito a parlare del Vescovo di Feltro, et incominciasi quine: Piangerà Feltro ec.; nella sesta introduce uno altro spirito beato a parlamentare con seco, dimostrando com’elli li dimandò, et incominciasi quine: L’altra letizia ec. Divisa adunqua la lezione, ora è da vedere lo testo coll’esposizioni litterali, allegoriche e morali.
C. IX — v. 1-12. In questi quattro ternari finge lo nostro autore come lo detto re Carlo d’Ungaria, poi che li ebbe dichiarato lo dubbio, li disse gl’inganni che doveano ricevere li suoi figliuoli del regno di Puglia, e dell’altre signorie che s’appartenevano a loro come eredi: imperò ch’egli ebbe tre figliuoli; cioè Ludovico, Andrea e Stefano, et una 1 Clemenza; e Ludovico succedè a lui in el reame d’Ungaria, poi succedè a lui la figliuola, cioè Maria; et Andrea fu marito della reina Ioanna figliuola del re Roberto. E finge ch’elli li ponesse silenzio, e questo finge perchè non voleva dire male del re Roberto, a cui tempo l’autore fu: usa qui uno modo di parlare che si chiama apostrofa, secondo Dottrinale che dice: Absenti sermo directus apostropha fiet. Finge, l’autore che, poi che fu tornato al mondo e scrisse quello ch’elli avea veduto, finito di dire la dichiaragione fattali da Carlo detto di sopra del dubbio detto nel precedento canto, elli dirizzasse lo parlare suo a Clemenza, figliuola del detto re Carlo, bench’ella non fusse presente quando egli scriveva, dicendo così: o bella Clemenza, Da poi che Carlo tuo; cioè tuo padre detto di sopra, M’ebbe chiarito; cioè m’ebbe dichiarato lo dubbio ch’io li mossi, come appare di sopra, mi narrò l’inganni; cioè mi disse l’inganni, Che; cioè li quali, ricever dovea la sua semenza;
- ↑ C. M. una filliuola, cioè Clemenza, de’ quali Ludovico come primogenito succedè a lui nel regno d’Ungaria