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127La tua città, che di colui è pianta,
Che pria volse le spalle al suo Fattore,
E di cui è la invidia tutta quanta,1
130Produce e spande il maladetto fiore,
Che à disviato le pecore e gli agni:
Però ch’à fatto lupo del pastore.2
133Per questo l’ Evangelio e i Dottor magni
Son derelitti, e solo ai Decretali
Si studia sì, ch’appare ai lor vivagni.3
136A questo intende papa e cardinali:4
Non vanno i lor pensier a Nazzarette
Là, dove Gabriel aperse l’ali.
139Ma Vaticano, e l’altre parti elette
Di Roma, che son state cimitero5 6
A la milizia, che Pietro seguette,7 8 9
142Tosto libere fien da l’adultero.6
- ↑ v. 129. C. A. la invidia tanto pianta,
- ↑ v. 132. C. A. fatto à lupo
- ↑ v. 135. C. A. che pare ai
- ↑ v. 136. C. A. il papa e i
- ↑ v. 140. C. A. son fatte cimitero
- ↑ 6,0 6,1 vv. 140-142. ’’Cimitero; adultero,’’ cavatone via l’ i come gli antichi talora
costumavano. Quindi si à ’’contraro, martiro’’. ec. ’’E’’. - ↑ v. 141. C. A. Della milizia,
- ↑ v. 141. C. A. Della milizia,
- ↑ v. 141. ’’Seguette;’’ perfetto d’un verbo della terza adattato alla seconda coniugazione, come Inf. xxv, v. 40 ’’convenette,’’ e Purg. xxii, v. 85 ’’perseguette’’
e simili. E.
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C O M M E N T O
Da poi che Carlo tuo ec. Questo è lo nono canto della terza cantica, nel quale lo nostro autore tratta ancora della materia predetta; cioè delli spiriti beati che si rappresentano a lui nella terza spera di Venere, e finge come venisse a parlamento con certi beati spiriti che erano nel corpo di Venere, finito lo parlamento che finge avere avuto con Carlo Martello. Et in questo canto fa principalmente due cose: imperò che prima finge come, finito lo parlamento che ebbe co lo spirito di sopra nominato, venne a parlamento con uno altro spirito; cioè con una donna, che fu gentil donna chiamata Cunisia,