[v. 37-48] |
c o m m e n t o |
17 |
Delfica Deità; cioè in sulla lieta deità d’Appolline che è adorato in Delfo, secondo la lettera; ma secondo l’allegoria, in Cielo nella corte divina dovrebbe essere letizia, e così è quando uno peccatore torna a penitenzia; ma altramente si può intendere e mellio, cioè che ognuno si dovrebbe rallegrare in Dio quando vede alcuno diventare disideroso de la virtù, e renderne grazie a Dio, quando la fronda Penea; cioè la fronde dell’ alorio; e dice peneia che fu Danne figliuola di Peneo fiume di Grecia, amata da Febo mutata in allorio, come scrive Ovidio, Metamorfosi libro primo, alcun di sè asseta; cioè rende assetato e desideroso di sè alcuno uomo; e secondo l’allegoria, quando la virtù fa alcuno desideroso di sè. Poca favilla gran fiamma segonda; ecco che usa lo colore significazione, per similitudine dicendo che, come da piccola favilla nasce spesse volte uno grande fuoco et una grande fiamma; così dal mio piccolo ingegno nascerà e genererassi uno grande lume e splendore di fama, la qual cosa fia incitamento alli altri di fare mellio di me, vedendo me tanta fama avere acquistato; e però dice: Forsi di rieto a me; cioè di po’ me Dante; cioè ne l’età de’ miei posteri, con millior voci, che non è stata la mia, s’intende, Si pregherà, cioè Appolline per la grazia sua, e però dice, perchè; cioè acciò che, Cirra; come detto è di sopra nella seconda cantica, è una città in su uno dei du’ colli di Parnaso che si chiama Elicon nella quale è onorato Appollo, e giù nel bosco è lo suo tempio; ma qui si pone lo luogo per lo locato; cioè Appollo che è in Cirra, risponda; cioè favoreggi le loro preghiere, e li loro desidèri, sì che io sarò cagione esemplare agli altri che nella poesi s’affatichino e dimandino l’ aiuto d’Appolline et abbianlo pienamente da lui, secondo la lettera; secondo l’allegoria si dè arrecare a la virtù et a Dio, quasi dica: Per esempio di me molti si daranno più fermamente di me alle virtù, et aranno maggiore grado di virtù e saranno più esauditi, et aranno maggior merito in vita eterna. Seguita ora lo principio della narrazione.
C. I — v. 37-48. In questi quattro ternari l’autor nostro finge che era da mattina quando si leva lo Sole, quando si trovò con Beatrice per montare suso al primo cielo; cioè al cerchio della Luna, et incomincia la sua narrazione de la materia, incominciando dalla descrizione del tempo, dicendo così: Surge; cioè levasi, ai mortali; cioè a li omini, che tutti sono mortali mentre che viveno nel mondo, da diverse foci; cioè da diversi luoghi e siti ne la parte orientale: imperò che ’l Sole va ogni di’ uno grado del cerchio del zodiaco sotto lo quale fa lo corso suo, non partendosi mai dalla linea elittica che è nel mezzo del zodiaco lo quale è ampio gradi 12, sì che la linea detta è in mezzo di questi gradi, e la lunghezza del secondo zodiaco sono gradi 360. Dunqua 180 mutamenti fa lo Sole