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[v. 31-45] | c o m m e n t o | 259 |
ritornano al Creatore; e quelle, che sono più presso a Dio, col fervore più velocemente ritornano.
C. VIII — v. 31-45. In questi cinque ternari lo nostro autore finge che di quelli spiriti beati, che vennono in verso lui, uno incominciasse a parlamentare con lui, e dice così: Indi; cioè di poi, si fece l’un; cioè di quelli spiriti beati che erano venuti, più presso; cioè che gli altri, a noi; cioè a Beatrice et a me Dante, E solo; cioè questo spirito, incominciò; cioè a parlare: Tutti siam presti; cioè noi beati spiriti tutti siamo apparecchiati, Al tuo piacer; cioè di te Dante, perchè; cioè a ciò che, di noi ti gioi1; cioè ti giovi di noi. Noi; cioè spiriti beati, ci volgian; cioè ci volgiamo in giro intorno a Dio, come è stato detto di sopra, coi Principi celesti; cioè cogli angeli, D’un giro; cioè per un medesimo cerchio, d’un girare; cioè d’una medesima forma di girare, e d’una sete; cioè e d’uno medesimo desiderio. Tre cose tocca; lo cerchio, lo modo del girare e lo motivo del girare. Lo motivo del girare è lo desiderio che ànno d’Iddio, che come da lui contemplare si diparteno, a lui ritornano: imperò che ’l desiderio loro altremente non sarebbe quietato, se a lui non ritornasseno. Lo cerchio loro è la natura naturata e creata, o vogliamo dire la creatura per la quale discorreno. E lo modo del girare è l’esercizio, a che sono mandati da Dio a mettere ad esecuzione la sua voluntà, come si girano li angeli, Ai quali; cioè angeli, tu; cioè Dante, nel mondo; cioè quando eri nel mondo, già; cioè nel tempo passato, dicesti: Voi che intendendo il terzo Ciel movete. Fece Dante nella sua iovanezza molte canzoni morali, ne le quali parla de l’amor de le virtù, benchè a chi non le intende paia che dica de l’amore mondano, disonesto; et una di quelle incomincia: Voi, che intendendo ec., nelle quali parole dirizzò lo sermone suo ai principati, che ànno a muovere lo terzo cielo di Venere: imperò che della benignità voleva trattare e dello amore onesto che nasce da quella; cioè dalla benivolenzia e da la carità, però incominciò da quelli angeli che ànno, come seconde cagioni, a muovere lo detto pianeto a dare tale influenzia, dicendo Voi; cioè principati, che; cioè li quali, intendendo; cioè co lo intelletto apprendendo la voluntà d’Iddio; e gli angeli si chiamano intelligenzie: imperò che continuamente intendono Iddio, il terzo Ciel; cioè quello di Venere, che è terzo a montare in suso, movete; faccendolo2 girare co la vostra virtù, datavi da Dio et influere giù nel mondo gli suoi effetti non partendovi
- ↑ Gioi; giovi, come lo interpetra il nostro Chiosatore, ed allora ne sarebbe tolto via il v come in avea, bei, ruvina ec. per aveva, bevi, ruvina. Che se poi ne piacesse d’intendere così: Perchè di noi ti godi, allora gioi verrebbe da gioiare, adoperato ancora da Guido Guinicelli «Gioia lo cor». E.
- ↑ Faccendo, facciendo oggi non saria più da adoperare; ma solo facendo. E.