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chiama Venus 1; nella seconda parte finge come si trovò sallito nel ditto terzo pianeto, e come si li rappresentano molti spiriti beali li quali si volgeano in giro e cantavano, et incominciasi quine: Io non m’accorsi ec.; nella terza parte finge come uno di quegli spiriti beati intrò a parlamentare con lui, et incominciasi quine: Indi si fece l’un ec.; nella quarta parte finge come, parlando con essa, avendo dimandato di sopra chi era quella, si li manifesta, et incominciasi quine: E quanta e quale ec.; nella quinta parte, come lo detto spirito, continuando lo suo parlare li manifestò quanto si stendeva la sua signoria, et incominciasi quine: Quella sinistra riva ec. Divisa la lezione, ora è da vedere lo testo co la esposizione litterale, allegorica e morale.
C. VIII — v. 1-12. In questi quattro ternari lo nostro autore per
introduzione della sua materia dice quello, che gli antichi tennono
del pianeto che si chiama Venus, riprendendo lo loro errore dicendo
così: Solea creder lo mondo; cioè gli uomini che anticamente furno
nel mondo, in suo periclo; cioè in suo periculo: imperò che non
ricognoscere la creatura ragionevile lo suo vero creatore non poteva
essere senza suo periculo e dannazione; e che la lussuria
abiti in cielo creder non può essere senza periculo: imperò che la
natura è prona 2 a tale vizio, e credere che sia iddia in cielo non
era se non credere ch’ella fusse approvata da Dio, lo quale approvò
l’onesta coniugale del matrimonio, quando disse: Crescite et multiplicamini, et replete terram; ma non la bestiale, anco la dannò; e
creder ch’ella sia in cielo è creder che sia licita, e questo è in periculo
e dannamento del mondo; ecco quello che soleva credere: Che la bella Ciprigna; cioè che la dia della lussuria che chiamavano
Venus, la quale l’autore chiama Ciprigna da Cipri: imperò che,
come dice Virgilio, Venus era la dia de’ Cipriani: imperò che lei
adoravano, et a lei facevano sacrificio; e fingeno li Poeti ch’ella
fusse nata di testiculi di Celio castrato da Saturno, e gittati in
mare di Cipri, e della schiuma del mare di Cipri; e però li Cipriani
a lei avevano fatto molti altari, secondo che dice Virgilio nel primo
de la sua Eneide: Ipsa Paphum sublimis abit, sedesque revisit Lœta suas, ubi templum illi centumque sabœo Thure calent arœ, sertisque recentibus halant; e dice l’autore bella: imperò che fingeno li Poeti
che Venus fusse bellissima 3, e dice Ciprigna: imperò che li Poeti
la chiamano Cipris, denominandola così da Cipri insula abundantis-