46E quanta e quale vidd’ io lei far piue
Per allegrezza nova che s’accrebbe.
Quando parlai alle bellezze sue!1
49Così fatta, mi disse, il mondo m’ebbe
Giù poco tempo; e s’io più fussi stato2
Molto s’era di mal che non sarebbe.3
52La mia letizia mi ti tien celato,
Che mi raggia dintorno e me nasconde,
Quasi animal di sua seta fasciato.
55Assai m’amasti et avesti bene onde:
Chè, s’io fussi giù stato, io ti mostrava
Di mio amor più oltre che le fronde.
58Quella sinistra riva che si lava
Di Rodano, poi ch’è misto con Sorga,
Per suo signor a tempo m’aspettava;
61E quel corno d’Ausonia che s’imborga
Di Bari, di Gaeta e di Catona
Là ove tronco el verde mare sgorga.4
64Fulgeami già in testa la corona5
Di quella terra che ’l Danubio riga,
Poi che le ripe tedesche abandona;
67E la bella Trinacria, che caliga,
Tra Pachino e Peloro, sopra ’l golfo
Che riceve da Euro maggior briga,
70Non per Tifeo; ma per nascente zolfo,
Attesi avrebbe li suoi regi ancora
Nati per me di Carlo e di Ridolfo,
73Se mala signoria, che sempre accora
Li populi subietti, non avesse6
Mosso Palermo a gridar: Mora, mora.
- ↑ v. 48. C.A. allegrezze sue!
- ↑ v.50. C. A. fosse
- ↑ v. 51. C.A. sarà di
- ↑ v. 63. C.A. ove Tronto e Verde in
- ↑ v. 64. C. A. in fronte la
- ↑ v. 74. C. A. suggetti,