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p a r a d i s o vii. |
[v. 64-75] |
così seguita ancora che la prima materia, creata da Dio di niente, sia
perpetua: però che, se la forma de li elementi, che è ora, si corrompa,
torneranno nella prima materia; ma le cose elementate, cioè composte
degli elementi, tutte si corrompeno perchè sono fatte da Dio
per mezzo delle influenzie dei corpi celesti, li quali quando imprimono
la sua influenzia si muovono, e però si muoveno le cose improntate
da loro, e non sono perpetue; e però dice: quand’ella; cioè quando
la Divina Bontà, sigilla; cioè imprime la forma e dà l’essere
a le cose fatte da lui senza mezzo. Ciò che; ecco che pone l’altra
conclusione, cioè la quarta che è questa: Ogni cosa, che discende
dalla Divina Bontà senza mezzo, è libera, dicendo così: Ciò; cioè
ogni cosa, che; cioè la quale, da essa; cioè dalla Divina Bontà, piove;
cioè descende, senza mezzo; cioè che non vi concorra altra cagione,
Libero è tutto; cioè che non depende da niuna altra cagione che da
lui; et assegna la cagione, dicendo: perchè non soiace; cioè imperò
che non sottostà quello, che è produtto da Dio senza mezzo, A la vertute delle cose nove 1; cioè alle influenzie dei cieli e delle seconde
cagioni, che si chiamano cose nuove per rispetto di Dio, che è
innanzi a tutte le cose per proprietà di sua natura, siccome dice
Boezio nel luogo prealegato: Neque Deus conditis rebus antiquior videri debet temporis quantitate; sed simplicis potius proprietate naturœ. E sotto queste parole che seguitano inchiude la quinta,
la sesta e la settima conclusione, dicendo: Più li è conforme; cioè
più è conforme e similliante a lei, cioè a la Divina Bontà, quella
cosa che è perpetua e libera e più rilucente e splendida, che è
la sesta conclusione, e però più li piace; che tutte l’altre quella
che à le predette cose, cioè perpetuità, libertà, splendore, similitudine
di lei, che è la settima conclusione; e ben dice che per questo
più gli piace: imperò che per questo più s’approssima a lei. Et assegnando
la cagione di questo piacere, pone la quinta conclusione;
cioè che nelle cose che ànno le predette due cose; cioè perpetuità,
libertà, è più di splendore, sicchè seguita di quinde la sesta, e di
quinde poi la settima conclusione. Pone adunqua la quinta, dicendo
così: Chè; cioè imperò che, l’Ardor Santo; cioè che lo Spirito Santo,
ch’ogni cosa raggia; cioè lo quale ogni cosa illumina, secondo che
a la cosa si conviene, Ne la più simigliante; cioè nella cosa più
simile a lui, è più vivace; che in quella che non è tanto simile; più
risplende la bontà d’Iddio nelle cose immediatamente da lui che
nell’altre, e più vi mette del suo lume e del suo splendore, e però
sono più simillianti a lui; e così seguita che più gli debbono piacere.
- ↑ Nell’Ecclesiaste è detto che l’opere fatte immediatamente dalla Bontà Divina vanno esenti da corruzione e durano in perpetuo. E.