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determinazione del dubbio. Tu; cioè Dante, dici; dentro da te, dice Beatrice: Ben discerno; cioè cognosco con discrezione, ciò ch’io odo; cioè ogni cosa, che io odo detto della quistione e dubbio detto di sopra. Ma perchè Dio volesse pur questo modo; cioè che Cristo, che era Iddio et uomo, morisse per ricomperare l’umana natura, A nostra redenzion; cioè a nostro ricompramento di noi uomini, m’è occulto; cioè a me Dante appiattato. E, mosso lo dubbio, lo incomincia a dichiarare mostrando prima la malagevilezza del dubbio, dicendo: frate; ecco che chiama Dante fratello, che è nome di carità, Questo decreto; cioè questo iudicio, cioè perchè Iddio volesse pur questo modo, sta sepulto; cioè sta appiattato, Alli occhi; cioè mentali, cioè alla ragione et a lo intelletto, di ciascun; cioè di ciascheduno fidele cristiano e d’ogni uomo disideroso di sapere lo vero, il cui ingegno; cioè lo ingegno del quale, Nella fiamma d’amor; nel fervore della carità, non è adulto; cioè allevato: imperò che chi non à fervore di carità, non può conoscere l’opere di Dio, che sono tutte piene di carità. Et ora promette la soluzione di tale dubbio, dicendo: Veramente: però ch’a questo segno; dice Beatrice: imperò che ognuno è vago d’essere chiaro di questo dubbio, e però dice: Molto si mira; cioè da gli uomini intendenti, a questo segno; cioè perchè Iddio 1 volse prendere carne umana, e poco si discerne; cioè poco si cognosce dalli omini, che non si esercitano nella santa Scrittura, Dirò; cioè io Beatrice, che non sono dotta nè informata, perchè tal modo; cioè della redenzione umana, quale Iddio elesse, fu più degno; cioè fu più conveniente a la Divina Bontà, e più conveniente a la iustizia d’Iddio. Seguita.
C. VII — v. 64-75. In questi quattro ternari lo nostro autore finge come Beatrice, dichiarando lo dubbio di sopra mosso, premisse alquante belle conclusioni necessarie a la dichiaragione del dubbio; cioè primo, che Iddio è creatore d’ogni cosa da la sua propria bontà; secondo, che Iddio alquante cose creò senza mezzo e di niuna materia, et alquante cose à fatte mediate di materia; terzio, che quello, che Iddio àe creato immediate, è perpetuo; quarto, che quello, che Iddio àe creato senza mezzo, è libero: quinto, che quelle cose, che sono perpetue e libere, sono più splendide e più rilucenti; sesto, che quelle cose, che sono perpetue e libere e più rilucenti, più sono simiglianti a Dio; settimo, che quelle cose, che sono perpetue, libere sono più splendide e più simiglianti a Dio, più li piaceno. E, poste queste sette conclusioni, procederà poi nella sua ragione. Dice così: La Divina Bontà; qui tocca la cagione che mosse Iddio a la creazione
- ↑ C. M. Iddio volesse prendere carne umana e volesse morire per redenzione della natura umana, e poco si discerne;