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[v. 25-39] | c o m m e n t o | 229 |
questa materia di nuovo pensasse, di ciò dubiterebbe, se altra volta non avesse udita la soluzione, sicchè ben si potrebbe indivinare lo dubbio. Promette Beatrice di solvere lo dubbio, e questo finge l’autore perchè nella sacra Scrittura per li Dottori è mosso e soluto 1 questo dubbio, e quinde 2 lo cavò l’autore; e però finge che Beatrice finga di solverlo, dicendo così: Ma io; cioè Beatrice, ti solverò tosto la mente; cioè libererò tosto la mente tua, dice a Dante da cotesto dubbio, E tu; cioè Dante, ascolta; cioè le mie parole ecco che lo fa attento: chè le mie parole; cioè imperò che le mie parole, Di gran sentenzia ti faran presente; cioè ti faranno dono di grande sentenzia che serà la soluzione del dubbio; cioè come iustizia fusse dall’una parte e dall’altra; imperò che iustizia fu che Cristo moritte per lo peccato d’Adam e d’Eva, et iustizia fu che la morte di Cristo fusse vendicata sopra li Iudei. E come questo possa essere lo dichiara di sotto molto sottilmente e bene e chiaramente.
C. VII — v. 25-39. In questi cinque ternari finge l’autore come Beatrice incominciò a solvere lo dubbio soprascritto, incominciando prima a dimostrare lo fallo dei primi parenti, e poi la infinita bontà di Dio. Dice prima così Per non soffrire; cioè per non sofferire, a la vertù che vole; cioè a la volontà, a suo prode; cioè a sua utilità, Freno; cioè ritenimento, cioè comandamento: imperò che, come per lo freno si ritiene lo cavallo; così per lo comandamento l’uomo, quell’om che non nacque; cioè Adam che non nacque; ma fu fatto da Dio lo corpo suo di terra meschiata coll’acqua, e però dice la santa Scrittura: Deus fecit hominem de limo terrœ, e creata l’anima di nuovo la inspirò in lui, et inspirando l’anima, inspirò lo spiraculo della vita e vivificò lo corpo di terra, convertendolo in carne. Dannando sè; cioè Adam dannando sè co la disobedienzia, dannò tutta sua prole; cioè dannò tutta la sua schiatta che dovea descendere di lui. Sopra questa parte sono da vedere due cose; cioè la prima, come era utile a l’omo tenere lo comandamento; appresso, come fu iusto che per lo peccato del primo uomo fusse dannata tutta la spezie. Al primo dubbio si può rispondere e dè che servare lo comandamento era utile a l’uomo: imperò che non arebbe mai sentito male, nè pena, e sarebbe stato in quelle delizie quanto fusse piaciuto a Dio; poi, quando fusse piaciuto a Dio, senza morire arebbe avuto vita eterna meritevilmente per l’obedienzia, e non serebbe stato senza ’l bene della iustizia; del qual bene sarebbe stato privato, se non avesse avuto lo comandamento, et Iddio