79Solo ’l peccato è quel che la difranca,1
E falla dissimile al sommo Bene,
Perchè del lume suo poco s’ imbianca.
82Et in sua dignità mai non riviene,
Se non riempie dove colpa vota,
Contra mal dilettar con iuste pene.2
85Vostra natura, quando peccò tota3
Nel seme suo, da queste dignitadi,
Come da paradiso, fu rimota.4
88Nè ricovrar poteansi, se tu badi5
Ben sottilmente, per alcuna via
Senza passar per un di questi gradi;6
91O che Dio solo, per sua cortesia,
Dimesso avesse; o che l’ om per sè isso7
Avesse sodisfatto a sua follia.
94Ficca mo l’ occhio per entro l’ abisso8
De l’ eterno consiglio, quanto poi,9
Al mio parlar distrettamente fisso.
97Non potea l’ omo nei termini soi10
Mai sodisfar, per non poter ir giuso
Con umiltade, obediendo poi,
100Quanto disobediendo intese ir suso;11
E quest’è la ragion, per che l’om fue
Da poter sodisfar per sè dischiuso.12
103Dunque a Dio convenia co le vie sue13
Riparar l’omo a sua intera vita;
Dico co l’una, o ver con ambedue.
- ↑ v. 79. C. A. la disfranca,
- ↑ v. 84. C. A. giuste pene,
- ↑ v. 85. Tota; tutta, dal latino totus, donde pure totale, totalità. E.
- ↑ v. 87. C. A. di paradiso,
- ↑ v. 88. C. A. poteasi,
- ↑ v. 90. C. A. guadi;
- ↑ v. 92. Isso; adoperato dagli antichi, ed ora da alcuni popoli dell’Italia meridionale: proviene dall’ ipse latino. E.
- ↑ v. 94. C. A. Ficca ora l’
- ↑ v. 95. C. A. puoi,
- ↑ v. 97. C. A. suoi
- ↑ v. 100. C. A. disubbidendo
- ↑ v. 102. C.A. Di poter
- ↑ v. 103. C.A. con l’orme sue