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212 | p a r a d i s o vi. | [v. 112-126] |
Che Dio trasmuti l’arme; cioè la iustizia sua: l’arme d’iddio è la iustizia: imperò che colla sua iustizia abbatte ogni superbia e punisce ogniuno che mal fa, e la iustizia è significata per l’aquila, come è detto di sopra: imperò che la iustizia è sopra tutte l’altre virtù, come l’aquila sopra tutti gli altri uccelli, per suoi gilli; li gilli ad oro nel campo azzurro è l’arme della casa di Francia, e questa arme tenne Carlo primo conte di Provensa, e re di Sicilia e di Puglia, e così Carlo Zoppo suo figliuolo che succedè a lui nel regno, del quale àe parlato ora: imperò che del primo non si può intendere: imperò che fu e morì innanti al 300, quando l’autore finge che avesse questa fantasia e revelazione, sicchè inducendo a parlare Iustiniano dimostrando dicendo: E noll’abbatta esto Carlo novello, intende del Zoppo che era nel 1300. Li gilli bianchi significano purità e virginità; ma dorati mostrano cavati della loro natura e simulati, sicchè vuole dire l’autore ch’è purità simulata come è quella dei guelfi, che diceno che combatteno per difendere la loro libertà, e sotto questa ombra recusano di stare sotto lo reggimento della publica iustizia. Iddio non mutrà la sua iustizia, che non li pagi 1 della sua superbia: superbia è non volere soiacere al comune reggimento. Àe voluto Iddio che nel mondo siano due reggimenti 2; l’uno spirituale del papa, e l’altro temporale dello imperadore; e questi guelfi si vogliano ritraere da esso.
C. VI — v. 112-126. In questi cinque ternari finge lo nostro autore come Iustiniano, continuando lo suo parlare, risponde a l’altra parte de la dimanda che l’autore fece di sopra nel canto precedente, cioè per che cagione questo spirito e gli altri, che erano con lui, erano nella seconda spera, cioè nel secondo pianeto che si chiama Mercurio, quando disse di sopra: nè perchè aggi, Anima degna, il grado della spera Che sì vela ai mortal colli altrui raggi; unde finge che rispondesse così: Questa picciola stella; cioè Mercurio, lo cui corpo appare molto grande a noi; ma piccolo per rispetto di quel della Luna e del Sole. E benchè l’autore dica picciola stella, debbiamo sapere, secondo che dice Alfragano cap. xxii, che lo corpo di Mercurio è la vigesima seconda parte del corpo della terra, poco meno; e la terra è 132 mila di miglia e 600 miglia, contando lo miglio quattro mila gombiti 3, dunqua partendo 132 mila di miglia e 600 miglia in 22, rimane 6 milia miglia e 27 miglia e poco più, perchè è forsi da uno braccio, si correda; cioè s’adorna, Di buoni spirti; cioè d’anime virtuose, che; cioè li quali spiriti, son stali attivi; cioè ci sono esercitati nelle virtù pratiche e politiche nella