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era piena di malizia e tristizia per la sconfitta di Varo; ma molto
fu onorato ne la sua tornata, intrando colla pretesta indosso e
colla corona laurea, et a sedere montò in sul tribunale in mezzo
dei consuli, sedendo con Augusto nel cerchio dove era tutta la città
intorno. E nel seguente anno mandato co l’esercito ai Tedeschi,
vedendo che Varo era stato vinto dai Tedeschi per sua negligenzia,
ogni cosa fece con consiglio, e quine niuna cosa fece se non con
deliberazione del consiglio, benchè altro 1 luogo fusse usato di fare
di suo capo. E quando venne a passare lo Reno stette a vedere che
nessuno portasse silmaria 2, se non quel che era di necessità; e poi
che fu di là, mai non mangiò se non in terra, nè dormitte sotto
padiglione pure all’aere. Et ogni comandamento dava elli, e con
scrittura perchè non si dimenticasse, imponendo a ciascheduno che
quando dubitasse di quello che dovesse fare, s’andasse a dichiarare
con lui; et elli sempre stava apparecchiato a rispondere, e se dormisse voleva essere isvegliato. E ridusse per questo modo l’esercito
sì 3 a norma che elli ebbe vittoria dei Tedeschi, e fece la vendetta di
Varo, e dopo li due anni tornò a Roma, et ebbe lo triunfo che avea
indugiato. Per tutte queste cose che fece Tiberio, mandato da Ottaviano, non arebbe detto che tutte l’altre cose, fatte per gli altri
imperadori e che si doveano fare, fussono poche et oscure; ma intese
della passione del nostro Signore Iesu Cristo la quale fu fatta
sotto Tiberio: imperò che fu fatta per Pilato preside di Ierusalem
per Tiberio; la quale fu la maggiore cosa che mai si facesse: imperò
che si sodisfece da Iesu, che era Iddio et uomo, per lo peccato dei
primi parenti, per lo quale non s’era potuto sodisfare, passate già
tante migliaia d’anni. E per questo finge l’autore che Iustiniano
lodi tanto Tiberio, e però dice lo testo: si mira; cioè la insegna
dell’aquila, in mano al terzo Cesari; cioè Tiberio predetto, Con occhio chiaro; cioè con perspicace considerazione, e con affetto puro;
cioè che non lo vinca più affezione d’uno che d’un altro. Et ecco
che assegna la cagione: Chè la viva iustizia; cioè imperò che la
iustizia divina, che è quella che sempre vive, che mi spira; cioè la
qual mette nell’anima mia sempre della sua grazia, e fammi vedere queste cose, Li concedette; cioè la insegna de l’aquila concedette, in mano a quel ch’io dico; cioè essendo nella potenzia e
ne la amministrazione di Tiberio, Gloria di far vendette; cioè dei
Parti che rendettono le insegne tolte a Marco Crasso, e dei Tedeschi
che rendettono quello che aveano tolto a Varo, e per li morti sostenere morte, a la sua ira; cioè conveniente vendetta e sodisfa-
- ↑ Altro luogo, sottintesovi la particella in a mo’ dei Latini; in altro luogo. E.
- ↑ Silmaria ; salmeria, carriaggi. E.
- ↑ C. M. sì a Roma, che