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vinse Farnace figliuolo del re Mitridate, e poi passò in Africa e vinse lo re Iuba Io quale diede pregio ad uno che l’uccidesse; e Catone, veduto perduta la libertà di Roma, sè medesimo uccise: e così poi Cesari ritornò a Roma, e fece le cose che sono dette di sopra. Basta a questa parte avere veduto come Tolomeo pericolò, sicchè male per lui si scosse la insegna de l’aquila. Inde; cioè da Tolomeo e da Egitto, discese; cioè la insegna dell’aquila, e Cesari con essa, folgorando; cioè andando come una fulgure per aire, ad Iuba; cioè al re Iuba d’Africa, che avea tenuto la parte di Pompeio e sconfisselo, come è detto di sopra. Poi; cioè che fece le predette cose, si rivolse; cioè Cesari colla insegna dell’aquila, nel vostro occidente; e ben dice: però che Iustiniano era stato a Costantinopoli, che è nella parte orientale per rispetto di Dante che era nella parte occidentale per rispetto dei Costantinopulitani, Ov’ei; cioè nel quale occidente elli, cioè Cesari, sentì; cioè Cesari, la pompeiana tuba; e questo dice per lo figliuolo di Pompeio, cioè Gneo, lo quale sconfisse al fiume Monda in Ispagna 1, e secondo Paulo Orosio, Petreio et Affrano 2; ma secondo quello 3 di Lucano, quello di Petreio et Affranio fu inanti la battaglia di Tessaglia. pompeiana tuba; s’intende la fama di Pompeio: imperò che la fama sona, come la tromba. E qui finisce la prima lezione del canto vi. Seguita la seconda; e se la prima fusse troppa lunga per le storie che vi sono, divida lo lettore come li piace: io l’ò abbreviate lo meglio che io òne saputo.
Di quel che fe col baiulo seguente ec. Questa è la seconda lezione del canto sesto, ne la quale lo nostro autore finge come Iustiniano, seguendo la sua diciaria che avea incominciato di sopra delle cose fatte colla insegna dell’aquila per li Romani, dice per le cose fatte per Ottaviano Augusto e delle cose fatte per Tiberio che fu terzo, e dei gibellini 4 che s’appropriano, e dei guelfi che si gli oppongano, e della condizione dell’anime che in questo secondo pianeto si rappresentano, e di quelli spiriti che vi sono ripresentati ne manifesta alcuno degno di loda. E però si divide questa lezione in cinque parti: imperò che prima finge che Iustiniano dica delle cose fatte da Ottaviano Augusto, che fu secondo imperadore dopo Cesari; nella seconda, delle cose fatte da Claudio Tiberio che fu terzio, et incominciasi quine: Ma ciò che ’l segno ec.; nella terza parte finge come Iustiniano, tornando a proposito, riprende li guelfi e li gibellini, et incominciasi quine: Ormai può’ iudicar ec.: nella quarta parte finge e ritorna a trattare di quelli spiriti che in quello