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giugo, cioè sotto le forche di tre aste fatte, onde passavano ad uno ad uno in segno di soiugazione e di servitù. Et avuto la vittoria e campato li suoi, tornato a Roma lo dettatore si spogliò dello ufficio, avvegna che lo avesse potuto tenere, e tornossi a lavorare la terra, e non tenne la dittatura, se non sei di’, avvegna che fusse eletto per sei mesi. Così fatti vorrebbono essere li cittadini de le città nostre; ma si trovano fatti come Appio Claudio, che si sforzò di tenere lo decemvirato con gli altri continuo, durante la vita sua; e così gli adivenne che per lo continuo officio, che volse tenere, moritte inanzi la morte sua naturale e finitte la vita collo offizio. E molti altri grandi et eccellenti fatti et atti fece Quinzio Cincinnato per la republica, unde meritò ben d’essere nomato, e Deci; questi Deci furno virtuosi Romani e popolari et amantissimi della republica, e furno tra gli altri due, che si dierno e promiseno alli iddii per tutto lo loro popolo, dei quali l’uno si diede nella battaglia che ebbono li Romani contra li Latini e compagni1 a Capua città, capo di Campagna a piè del monte Vesuvio, e fu padre dell’altro Decio; e l’altro Decio fu figliuolo del primo, e similmente si diede nella battaglia contra li Franceschi per lo popolo di Roma a la morte; per la qual morte seguitò poi vittoria al popolo di Roma. Recita Tito Livio nella prima decade lib. viii che, essendo li Latini et i loro compagni levati contra li Romani, e contra voluntà dei Romani avendo mosso guerra ai Sanniti, li Romani mandorno a defensione dei Sanniti Tito Mallio Torquato, che già tre volte era stato consule contando questa, e Publio Decio Mure, consuli creati per questa guerra che di nuovo era suscitata dai Latini. Et essendo pervenuti co li eserciti a Vesuvio2, sognorno amenduni li consuli che una imagine maggiore che uomo apparia loro, e dicea che dall’una parte dovea morire lo consule e dall’altra doveva essere sconfitto l’esercito; e quello popolo arebbe vittoria, lo imperadore del quale si desse all’idii per lo populo; et avuto li consuli ragionamento insieme, deliberarno di fare sacrificio a li dii, e che gli auguri vedessono se a li dii piacesse quello che lo sogno avea mostrato di ciò, che l’uno dei consuli a ciò si disponesse. Et avuta risposta da li aruspici che così era, in presenzia del popolo dichiarato questo, a ciò che l’esercito non spaventasse3 per la morte dei consuli, fenno patto tra loro che quello consule si desse alla morte, da la quale parte incominciasse l’esercito a dare luogo ai nimici. E venuti a battaglia, incominciò da la parte di

  1. Compagni; alleati, amici, confederati. E.
  2. Secondo Aurelio Vittore dee dire Veseri.
  3. Spaventasse; intransitivo assoluto, come talora i classici usano di lasciare l’affisso. E.